VIS-A-VIS CON MASSIMILIANO VADO

di Chiara Montenero


Mi aspettava seduto sulla poltrona rossa della platea di un teatro qualunque. Il braccio sul bracciolo, la testa sulla mano, lo sguardo nei pensieri. Ci conosciamo da tempo, da molto tempo. Non ci siamo mai persi di vista pur se lontani. Max è un amico di quelli che non si perdono anche se non ti cercano. Attore e regista impeccabile ed eclettico ha vestito i panni dei personaggi più diversi, dai classici ai contemporanei senza mai abbandonare la sua identità. Mi saluta con il suo sorriso accogliente di sempre…

Ciao Max, raccontaci innanzitutto con cosa sei in scena in questo momento…

Sono in scena con tre pièce contemporaneamente. La prima si chiama Guida pratica per coppie alla deriva con Danila Stalteri e la regia di Nicola Pistoia, opera già andata in scena con grande successo per due stagioni consecutive e quest’anno sarà in giro per l’Italia fino ad aprile. Con questo spettacolo ritorno a fare solamente l’attore, visto che per anni ho fatto di tutto: attore, regista, disegno luci, scenografo, costumista, supportato da altri, ma sempre su un mio progetto. Contemporaneamente, io e Danila porteremo in scena Amleto in salsa piccante di Aldo Nicolai con la regia di Vanessa Gasbarri. La terza è Secondo Luca e Marco di Rosa Menduni e Roberto De Giorgi.Un testo ben scritto per un teatro “di parola” di quelli che vorresti sempre incontrare sulla tua strada. Altro progetto è un testo, che sto elaborando io stesso, da un sito americano che si chiama Soft White Underbelly, che significa soffice bianco ombelico. Racconta le confessioni estreme dei barboni di Skid Row a Los Angeles. Lo sto dirigendo io con cinque ragazzi protagonisti in cui si narra di molestie da quando sei bambino, droghe, medicinali, violenze subite e usate, situazioni terribili quanto reali. Sto anche aggiustando il testo perché ognuna delle protagoniste interpreterà due barboni diversi. C’è dentro tutto uno spaccato che sta arrivando anche in Italia.       

Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di attore e quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo dello spettacolo?

“Faccio teatro al liceo così salto la lezione”: questo è stato il mio primo approccio al palcoscenico perché in realtà non avevo una grande passione per il teatro, né ambivo a diventare un attore. A poco a poco però mi resi conto che recitando mi sentivo a casa, che mi divertivo a indossare i panni di qualcun altro. Finito il liceo mi iscrissi a Economia e Commercio e fu lì che capii di non essere felice e che quegli studi non erano quello che desideravo “fare da grande”. Una mia amica mi coinvolse a partecipare ai provini per entrare alla scuola di recitazione del Teatro di Roma. In realtà avrei preferito l’Accademia d’Arte Drammatica, ma pensai che sarebbe stato opportuno provare con un istituto meno prestigioso per rendermi conto se davvero fosse quello il mio futuro. Superai brillantemente il provino e mi diplomai per poi specializzarmi allo Stabile del Veneto e poi continuare a studiare a New York. Quando sono sul palcoscenico o sul set io sono felice, non sento la fatica e non mi annoio mai; posso continuare a lavorare per dodici ore senza accorgermene.   

Qual è stato il ruolo che ti ha dato maggiore soddisfazione interpretare e perché?

Tre sono quelli fondamentali nella mia carriera, il primo è stato quello di Jago nell’Otello di Guicciardini con protagonista l’amico Sebastiano Lo Monaco, recentemente scomparso. Mi preparai per quel personaggio quindici giorni prima degli altri interpreti tanto era il desiderio di dare il meglio di me. Lo spettacolo ottenne un successo enorme di pubblico e di critica con centotrenta repliche. Altro ruolo importante è stato quello di Giorgio Chinaglia, il presidente della Lazio, nello spettacolo Tommaso Maestrelli, l’ultima partita in cui riproponevamo gli ultimi giorni dell’allenatore della squadra. In quell’occasione vidi gli spettatori, per lo più tifosi, calciatori o personaggi del mondo del calcio, piangere. Il terzo è stato quello di Zeno Bauer nella soap televisiva Cento Vetrine. Ad un certo punto mi resi conto che il teatro classico non attirava più il pubblico e cedetti alle lusinghe della televisione. Venni scelto per questa fiction con un contratto di tre mesi, ma il mio ruolo piacque talmente tanto al pubblico che divenne di quattro anni. La paga decuplicò, i fan mi scrivevano, la gente mi riconosceva per strada… A quel punto tornare al teatro classico era impensabile e quindi iniziai a lavorare con Patrick Rossi Gastaldi ed Enrico Lamanna a un tipo di teatro più accessibile e riuscii ad avere una carriera teatrale continuativa. Patroni Griffi e Guicciardini mi dissero che avrei dovuto fare il regista e seguii il loro consiglio. Il resto è storia.

Come ti prepari per un nuovo ruolo, hai un tuo metodo?

Io ho studiato negli Stati Uniti dove mi hanno insegnato come prima cosa a fare una script analysis e cioè a scrivere un’analisi del testo, cosa violentissima che può durare anche un mese. Quindi io leggo, leggo, rileggo, sottolineo, studio a memoria, scompongo, trovo gli obiettivi, il viaggio dell’eroe, distruggo il copione a forza di tenerlo tra le mani; tutte cose che ora da insegnante ripropongo ai miei studenti. Quando quella roba è dentro di me la lascio andare e francamente non so più cosa succeda. Organizzo delle musiche, delle improvvisazioni e, insieme a quelli che lavorano con me, realizziamo lo spettacolo da proporre al regista o a me stesso se sarò io a dirigerlo. 

Hai avuto l’opportunità di lavorare con registi e attori importanti, quali sono state le esperienze più significative?

L’incontro con Patroni Griffi è stato straordinario così come quello con Guicciardini, personaggi non solo fondamentali per la mia crescita in quanto attore, ma anche persone amiche con cui trascorrevo le serate. In questo momento Patrick Rossi Gastaldi non esce più di casa e io continuo a sentirlo telefonicamente. Con i miei maestri ho mantenuto sempre dei rapporti importanti di amicizia e di stima. Sono rimasto accanto a Peppino Patroni Griffi e a Sebastiano Lo Monaco fino alla fine, con Roberto Guicciardini ci siamo scritti lettere sognando nuovi progetti insieme, mi mancano!

Quali sono le principali differenze che hai riscontrato tra recitare in teatro e recitare in film o serie TV?

C’è una tecnica molto differente, le basi sono identiche, ma non sempre il saper fare uno significa saper fare anche l’altro. Ho visto spesso attori televisivi che a teatro sono stati un disastro e viceversa. Il problema è quando reciti contemporaneamente in teatro e su un set televisivo, ci vuole molta fatica fisica e mentale per passare da un modo recitativo all’altro. Uno è ostentato mentre l’altro è imploso. Pur pescando nelle stesse zone del tuo io, devi resettare completamento ogni parte di te, del tuo corpo, del tuo volto, della tua voce.

Qual è la prima cosa che fai quando ti svegli e quale l’ultima prima di dormire?

La prima è coccolare Renato, il mio cane che dorme accanto a me nel mio letto. Il primo bacio se lo becca lui! Così come la prima cosa che faccio prima di entrare in scena è parlare con mio padre che non c’è più dicendogli: “Papà, se lo vedi, questo spettacolo è per te”. L’ultima cosa prima di addormentarmi è ascoltare i podcast dopo aver letto qualche pagina di un buon libro.

Biografia Wikipedia: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Massimiliano_Vado


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