VIS-A-VIS CON BEATRICE GRANNÓ

di Chiara Montenero
Beatrice Grannò, un talento emergente nel panorama cinematografico internazionale. Con la sua versatilità e la capacità di interpretare ruoli complessi, Beatrice ha già conquistato il cuore del pubblico e della critica. La sua carriera, sebbene ancora in fase di sviluppo, è caratterizzata da scelte audaci e da una continua ricerca di nuove sfide artistiche. In questa intervista, esploreremo il suo percorso professionale, le ispirazioni che la guidano, le esperienze che l’hanno formata come artista e i suoi progetti futuri.
Vorrei iniziare con un breve racconto del tuo iter artistico…
In questo momento della mia vita mi sento, per qualche strano motivo, connessa a ciò che amavo da bambina. Sono affascinata dal mondo dello spettacolo e della performance da quando ero piccola; mi piaceva quando i miei genitori mi portavano a vedere i musical e ne ero molto affascinata. Da qui nasce il mio approccio artistico iniziato con lo studio del pianoforte e del canto, ma anche seguendo corsi di danza e di pattinaggio artistico. La cosa che mi fa riflettere è che in realtà ciò che mi piaceva fare era creare degli spettacoli più che recitarci dentro; il gioco per me era creare, preparare uno show, scriverne la storia, così come mi piaceva comporre canzoni per le mie amiche. Avevo questa voglia di raccontare una storia più che di farne parte. Poi crescendo sono andata a studiare in un’accademia di musical in Toscana. Ogni fine settimana facevo Roma-Prato e, terminato il liceo, mi sono chiesta in quale “contenitore” mettere tutte queste cose che mi piacevano, perché erano tante! L’unica risposta possibile fu l’attrice perché questo lavoro ti permette di accedere a uno spazio artistico per poter giocare con più elementi. Iniziai, quindi, a studiare recitazione trascorrendo tutta l’estate a prepararmi con un coach per l’esame di ammissione in varie scuole di recitazione italiane… senza successo. Ma questa, forse, è stata una fortuna perché, “chiusa quella porta, mi si è aperto un portone.” Sono andata, infatti, in Inghilterra dove ho superato brillantemente i provini all’East 15 Acting School e da lì ho iniziato un percorso legato al teatro, ma soprattutto, sono stata ammessa a un corso di recitazione che era esattamente ciò che volevo perché comprendeva non solo attori, ma anche musicisti, ballerini e cantanti. Una classe formata da persone che facevano più cose e la finalità del corso era quella di diventare un artista indipendente. Per me è stata un’esperienza importantissima tanto che a fine corso con alcuni compagni abbiamo fondato una compagnia teatrale.

Fabio Lovino
Amo Beckett, Ionesco e Camus, sono quindi molto intrigata dagli spettacoli della tua compagnia teatrale londinese che mette in scena commedia dell’assurdo…
Mi fa molto sorridere questa definizione perché io ho definito il tipo di teatro che facciamo come commedia dell’assurdo, ma in realtà i nostri spettacoli sono più vicini alla clownerie e al grottesco; racconta la sensazione di imbarazzo, di sentirsi bloccato in una situazione e di non riuscire ad uscirne. Partiamo quindi da qualcosa di tragico e di estremamente complesso per esasperarlo al punto tale da trasformarlo in comico. Abbiamo fondato questa compagnia di teatro e da lì abbiamo cominciato a fare spettacoli in giro per l’Inghilterra. Maryssa (ora una delle mie migliori amiche), canadese e visionaria, autrice principale dei testi, mi ha portata a Edimburgo dove ho iniziato a muovere i primi passi e a capire come dovevo funzionare sul palcoscenico. E’ stato veramente uno dei periodi più entusiasmanti della mia vita.
Quando hai iniziato a recitare per la televisione e il cinema?
Avrei continuato a fare teatro a Londra, quando dall’Italia è arrivata la richiesta di un provino per una fiction di Rai 1, Il Capitano Maria. Io ero molto titubante perché nella mia testa avevo qualche pregiudizio su come potevano funzionare le cose in Italia, di certo mi sbagliavo, ma era anche una scusa per mascherare il timore di non farcela… e invece mi diedero la parte. Iniziai a fare su e giù tra Italia e Londra, un po’ come sta succedendo adesso che mi trovo a fare Italia-Los Angeles. Rientrata in patria si sono aperte nuove opportunità, ma ho sempre mantenuto i contatti con la mia compagnia teatrale. Sogniamo di scrivere un film insieme. Maryssa mi scrive spesso per invitarmi a mettere in scena qualcosa a Londra… e io quando posso la raggiungo senza neanche sapere di cosa si tratti. Tornando al discorso del mio “io bambino”, ultimamente mi sono chiesta quanto effettivamente mi interesserebbe sviluppare anche quella parte di scrittura per lavorare all’interno di progetti di concept e creare un team per realizzarlo… sarebbe bello!

Doc e White Lotus, due fiction dove hai interpretato ruoli importanti, Carolina e Mia, quali le differenze tra lavorare con un regista italiano piuttosto che con uno americano?
Non è tanto da dove vieni, ma come lavori. Secondo me la riuscita di un film o di una fiction è legata soltanto alle persone e al progetto che stai facendo, cambia esclusivamente l’esperienza personale. Accedere a un set internazionale ti dà una grinta e un’energia maggiore, non sei più confinata nel tuo paese di provenienza; senti che il tuo valore è solo quello di artista. Però, c’è da dire, che in America il cinema e la televisione sono veramente un’industria e pertanto, ci sono molte più possibilità, molti più progetti, molti più soldi e questo, sicuramente, ti dà la sensazione di far parte di un’esperienza più grande. Devo dire che io ho avuto dei set incredibili anche in Italia. Gli Indifferenti, ad esempio, è stato ad oggi uno dei più belli in cui ho lavorato perché l’ambiente, che il regista e il produttore hanno creato, era davvero speciale in cui si respirava un’energia magica.

Progetti futuri come attrice e come musicista?
C’è un progetto musicale che da anni cerco di realizzare: scrivo dei brani poi li butto, poi ricomincia da capo. Negli ultimi mesi, però, ho trovato qualcosa dentro di me… sicuramente arriverà il mio album, è una certezza. Non so ancora quando, ma ci sarà sicuramente anche questa parentesi musicale che per me è molto importante. Un bisogno da soddisfare, quindi si realizzerà.
Quale è la prima cosa che fai quando ti svegli e quale l’ultima prima di dormire?
Dipende da dove sono. Al mattino, ovunque io sia, bevo un caffellatte o un cappuccino. Alla sera se sono in Italia, guardo un film in televisione, se all’estero, sono fuori fino a tardi per spettacoli e concerti e, tornata a casa stremata, vado a dormire. La sola cosa che faccio sempre prima di dormire è di mettere un bicchiere d’acqua sul comodino.
In Copertina: “Italian Reve” di Johnny Carrano




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