TRA MITO E STORIA: PANDORA E QUEL VASO DA APRIRE
di Andrea La Rovere
Per la nostra rubrica “Il Bazaar della storia”, in questo numero torniamo a pescare dall’immenso bacino della mitologia greca. Oggi rivisitiamo uno dei miti più noti, quello del Vaso di Pandora.
Negli antichi miti c’è un po’ di tutto: avventure, violenza pulp, una buona dose di psicologia e tanta ispirazione per le future religioni. Soprattutto, però, c’è tanta misoginia e il mito del Vaso di Pandora ne è uno degli esempi migliori.
Sì, perché tutti abbiamo usato almeno una volta l’espressione “aprire il Vaso di Pandora” e quasi tutti sappiamo a grandi linee la storia. Ma ci siamo mai soffermati veramente sui significati più profondi del mito e sulle sue implicazioni? Io penso di no, amici.
Proviamo a raccontarlo in breve.
Già l’inizio è significativo: Pandora è praticamente la prima donna e Zeus la vuole creare non per far un dono agli uomini – testé creati da Prometeo – ma per punirli. Insomma, per gli dèi Greci la donna è una sorta di bomba atomica con cui fare piazza pulita dell’umanità. E già cominciamo male.
Pandora riceve la bellezza da Afrodite, la vita da Atena e la curiosità da Ermes: ci si mettono in tanti per creare l’arma che porterà l’uomo alla “perdizione”. Ok, boomer.
Ma perché Zeus ce l’ha tanto con gli uomini? Semplice: Prometeo, che è un Titano ma amico degli dèi, pensando di fare una cosa buona ha rubato il fuoco agli stessi per donarlo agli uomini. Non c’è buona azione che rimanga impunita, come si dice, e Zeus si imbestialisce come un ramarro.
Il piano è diabolico. Prometeo è svelto di testa, ma ha un fratello che è presidente onorario del Club della Rotella Mancante, tale Epimeteo. È a lui che Zeus fa recapitare Pandora. Quello, nonostante Prometeo lo sconsigli vivamente – “ma ti pare che quella gnoccona guarda un fesso come te?” – se ne innamora. Prima di inviarla come un pacco Vinted, però, Zeus regala alla donna un vaso e un consiglio: di non aprirlo.
Bel regalo del cavolo, direte voi: “Eccoti in regalo una bella Porsche, però mi raccomando, non guidarla!” E poi, quel “non aprirlo” suona passivo-aggressivo quanto un “non guardare giù” o “non pensare a un orso bianco”. Ovvio che Pandora, per prima cosa, lo apre. Del resto, “la curiosità è donna” e via di beceri luoghi comuni.
Cosa ci sarà mai dentro ‘sto benedetto vaso? Presto detto: vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e vizio. Nientemeno.
L’unica cosa che Pandora fa in tempo a non far uscire è la speranza.
Fino ad allora pare che gli uomini fossero vissuti tenendosi per mano e correndo per campi di lavanda fiorita. Sai che due palle? Ci voleva una donna, cattivona, per rovesciare loro addosso questa caterva di sciagure. Vi ricorda qualcosa? Cosa dite? Eva, la mela e il giardino dell’Eden? E sì, anche quella volta la colpa è tutta di una donna! Poi i reazionari della situazione si fanno tremare i mutandoni quando gli dici che il patriarcato è introiettato da secoli nella nostra cultura.
Come finisce la storia? Niente, così: per la teologia di quei tempi è la donna a rendere la vita sulla Terra un inferno. Senza appello e con buona pace di Pandora, che non aveva chiesto niente a nessuno, figuriamoci un vaso pieno di schifezze.
E se invece, rivisto a una luce un po’ meno infantile e più psicologica, Pandora meritasse la riabilitazione? Rifletteteci, quante volte vi è capitato di conoscere qualcuno – a partire da noi stessi, magari – che si tiene le cose dentro fino a scoppiare, o ammalarsi, per non aprire il suo Vaso di Pandora personale? Vi sembra una cosa buona? Ecco.
“Non c’è luce senza ombre e non c’è pienezza psichica senza imperfezioni. La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza. Senza l’imperfezione non c’è né progresso né crescita.” Non lo dico io, ma Jung, che forse qualcosa ne sapeva.
E allora, forse Pandora salva l’umanità, altro che dannarla, facendo vedere loro la vita per quella che è: gioia e dolore, piacere e sofferenza, vita e morte.
Pandora risveglia le coscienze dall’apatia di una vita perfetta e senza stimoli, non mente loro e – forse – aprendo il Vaso dà a tutti la possibilità di prendere coscienza di se stessi e rinascere, magari migliori.
Il Vaso, insomma, è il nostro inconscio, dove tutti custodiamo qualcosa di buono e qualcosa di brutto. È un bene che le magagne vengano fuori? Forse sì o forse no, ma una cosa è sicura: tenere le cose stipate in un vaso senza mai aprirlo, che siano cibo o emozioni, le fa di sicuro marcire.
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