Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo

di Irene Niosi


Fin dal numero zero di questa rubrica mi sono posta l’obiettivo di sensibilizzare i lettori sulla condizione delle donne nell’arte.  A Palazzo Braschi, con la mostra “Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo” viene premiato il frutto di un certosino lavoro di ricerca, ma entusiastico in termini di contributo,  che ha portato a far riemergere tante artiste attive a Roma come Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti,  cadute in una sorta di “silenzio storiografico” come afferma Ilaria Miarelli Mariani Direttrice della Direzione Musei Civici di Roma – curatrice insieme a Raffaella Morelli e con la collaborazione di Ilaria Arcangeli. Il titolo di questa interessante  rassegna, rimanda alla storiografia sei – settecentesca, a partire dall’opera Felsina Pittrice del Malvasia che narra la storia della pittura bolognese, in un momento in cui le varie scuole pittoriche rivendicavano la propria autonomia rispetto all’egemonia fiorentina, allo stesso modo le artiste da sempre trascurate dagli studi, rivendicano la loro presenza nella Roma Capitale delle Arti tra XVI e XIX secolo, città cosmopolita,  che non solo si conferma come luogo primario di apprendistato per la formazione e per il mercato ma diventa anche personificazione delle tante artiste che vi lavorarono, consolidando la sua fama di luogo cruciale per lo sviluppo delle carriere creative attraverso l’età moderna.

Si apprende così che le notissime Artemisia Gentileschi e Lavinia Fontana non furono fenomeni isolati, ma fecero parte di un processo di progressivo inserimento nel sistema delle arti. Un’evoluzione lunga e non lineare, in quanto le donne, erano considerate propaggini della famiglia, poste sotto tutela di padri o di mariti, per lo più costrette a matrimoni combinati o spedite in convento.  Alcune ebbero la possibilità di studiare nella bottega di famiglia, altre, destinate alla vita religiosa, poterono sviluppare il loro talento grazie alle suore ma le loro opere furono spesso attribuite a maestri o parenti famosi perché non erano firmate.

Maria Luisa Raggi (1742 – 1813 Genova), Paesaggio con rovine, 1730-40,
tempera su pergamena, 31 x 59 cm, Musei Capitolini – Pinacoteca Capitolina – Galleria Cini

Cinquantasei sono le artiste dedite ai generi a loro consentiti, come il ritratto, la natura morta e la miniatura, di cui sono state ricostruite le vicende professionali presentate con circa centotrenta opere, la maggior parte delle quali erano conservate nei depositi.

Il percorso espositivo, cronologico e tematico, chiarisce il loro progressivo, anche se faticoso, conseguimento del pieno accesso alla formazione e alle più importanti istituzioni della città, come l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon, requisito essenziale per essere notate e riconosciute.

La sezione dedicata al XVII secolo inizia con la sala riservata a Lavinia Fontana, dove sono presentate sue opere inedite o mai esposte prima, tra cui il suo primo dipinto su rame Autoritratto alla spinetta eseguito nel 1575. L’artista, laureata alla Alma Mater di Bologna, si forma presso la bottega del padre Prospero, è una donna dedita alla musica e alle lettere e la sua presenza a Roma, attestata intorno al 1604, sarà di grande influenza per l’affermazione di altre donne.

Al suo fascino non si sottrae nemmeno Artemisia Gentileschi presente con tre opere emblematiche che sintetizzano le tappe della sua carriera, la Cleopatra ispirata al modello della statuaria classica, dipinto nel 1620 circa nella seconda fase romana, la grande tela l’Aurora databile intorno al1625, un’opera innovativa che sfugge ai dettami dell’iconografia corrente, l’allegoria viene infatti rappresentata senza il tradizionale carro. Fu rinvenuta negli anni settanta del secolo scorso presso un antiquario di Firenze come opera autografa di Guido Reni. Mentre del periodo napoletano possiamo ammirare Giuditta e la serva con la testa di Oloferne in cui Artemisia riprende lo stesso soggetto dipinto dal padre che ripropone con accenti tenebrosi ancor più vibranti di drammaticità.

 Continuando il percorso ci s’imbatte nella malinconica Allegoria della Poesia e della Musica, datata 1629, appartenente alla poco nota Giustiniana Guidotti Borghesi, che fu una tra le prime donne ammesse all’Accademia di San Luca.

Da questa importante istituzione viene oggi prestato anche il prezioso album contenente le straordinarie miniature e gli studi d’après Durer della rinomatissima Giovanna Guarzoni nella sala che divide con altre due pittrici che eccellono nella natura morta, Laura Bernasconi, detta Laura dei Fiori e Anna Stanchi.   

A chiudere la sezione riservata ai secoli tra XVI e XVII segnalo l’unica opera pervenuta di Claudia Del Bufalo citata negli inventari Savelli e Borghese, di cui si conosce un solo dipinto autografo del 1604, che raffigura la sorella Faustina nel suo abito nuziale. 

 Del Settecento viene ripercorsa, attraverso cinque opere, la brillante carriera della svizzera Angelica Kauffmann artista di fama internazionale che nella sua casa- atelier di Roma favorisce l’incontro con tanti intellettuali dell’epoca.

Dai Musei Capitolini provengono le tre belle tempere su pergamena raffiguranti Paesaggi con rovine, attribuite a un anonimo “Maestro dei capricci di Prato” esolo recentemente restituite a Maria Luigia Raggi, una monaca di nobili origini nata a Genova e residente a Roma negli anni ’80 del Settecento.

Di Maria Felice Tibaldi particolare attenzione merita l’acquerello su pergamena raffigurante la Cena in casa del fariseo che riproduce una grande composizione del marito Pierre Subleyras. Questo piccolo capolavoro fu la prima opera di un artista vivente a essere acquistata nel 1752 da Papa Benedetto XIV per la neonata Pinacoteca Capitolina. 

Maria Felice Tibaldi (Roma 1707 -1770), Cena in casa del fariseo, 1748
Acquerello su pergamena, 27,2 x 63,8 cm Musei Capitolini – Pinacoteca Capitolina – Galleria Cini

Ci sono artiste che portano nomi famosi come Laura Piranesi, figlia di Giovan Battista, che si dedica all’incisione. Purtroppo sono poche le opere che di lei si conoscono, mentre di Mariana Waldstein, ammessa nel 1803 all’Accademia di San Luca, è presente la tempera su avorio, che è una riproduzione del celebre Autoritratto con amico di Raffaello.

Capitolo a parte meriterebbe Elisabeth Vigée- Le Brun, favorita della regina di Francia Maria Antonietta, accademica di San Luca, lodata con gli appellativi di madame Rubens e madame Van Dick. Tra le opere esposte è sufficiente il suo autoritratto per apprezzarne la grandezza.

Per quanto attiene al ritratto sono tante le artiste che hanno lasciato bellissime testimonianze, che diventa impossibile nominarle tutte, come Louise Seidler della quale sono esposte diverse opere tra cui il Ritratto di Fanny Caspers datato 1819 e Amalia De Angelis con il suo Autoritratto del 1845, proveniente dalla Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon.

Nell’Ottocento le artiste iniziano a praticare tutti i generi pittorici.  Camilla Guiscardi realizza molte opere di soggetto storico, Erminia De Sanctis si esercita nella riproduzione di soggetti storici di opere famose, Carlotta Gargalli esegue l’opera d’invenzione Pirro che minaccia di uccidere Astianatte, del 1815, che ricorda molto la pittura di David.

Tra le artiste europee che soggiornano a Roma all’inizio del XIX secolo, vanno ricordate la francese Hortense Lescot anticipatrice del gusto romantico e l’inglese Jane Benham, pittrice preraffaellita, che si inserisce nella corrente del Neosettecentismo. 

Per onorare il contributo di tutte le artiste presenti alla mostra è stata scelta la figura di Emma Gaggiotti Richards il cui autoritratto appare nella copertina del catalogo. Il suo pastello a tempera raffigurante La famiglia Gaggiotti Richards viene oggi esposto per la prima volta.

In Copertina: Emma Gaggiotti (1825 Roma – 1912 Velletri), La Famiglia Gaggiotti Richards, 1853 (circa), pastello e tempera, 59×51 cm, Roma, Museo di Roma a Palazzo Braschi – Gabinetto delle Stampe


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