ORANGE WINES

di Giuliana Duchini
Bianco, rosso, rosato e ora …orange! Un nuovo colore si è aggiunto all’infinita gamma di sfumature che riguardano questo nettare meraviglioso.
Niente di nuovo sotto il sole, anzi è indubbiamente quello più antico.
In Georgia circa 8000 anni fa nasceva il vino, fatto macerare a contatto con le bucce in anfore di terracotta interrate, in modo da poter mantenere una temperatura costante. Una tecnica sperimentata e antichissima come dimostrano i tanti ritrovamenti archeologici e che ancora oggi è diffusa, tanto che la vinificazione nei Kvevri (particolari contenitori in terracotta) è diventata nel 2013 Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Solo alla fine degli anni ’90 alcuni produttori del Collio sloveno hanno riproposto questa antica tecnica e prodotto ottimi vini che si sono imposti all’attenzione dei consumatori sempre in cerca di nuove sensazioni.
In breve un vino orange è ottenuto da uve bianche vinificate come se fossero rosse, ovvero con un prolungato contatto del mosto con le bucce che può durare a seconda del vitigno da pochi giorni fino a mesi, a discrezione del produttore.
Con questa tecnica si ottengono dei vini molto particolari che possono non soddisfare tutti i consumatori per le loro caratteristiche così diverse dalle altre tipologie, in quanto complessi e corposi e principalmente tannici, dal profilo gustativo orientato verso la durezza e la spigolosità.
Ma la bellezza e l’originalità del loro colore ambrato che somiglia ad oro colato, la capacità di creare perfetti abbinamenti con cibi esotici e soprattutto con il sapore umami, stanno contribuendo alla loro diffusione.
La zona di elezione è il Collio Sloveno denominato Brda. Un territorio incontaminato che definirei “romantico” per la dolcezza delle colline che lo pervadono in un susseguirsi di piccole contrade, in cui di tanto in tanto svetta verso il cielo qualche antico campanile e dove la mano dell’uomo ha ridisegnato il paesaggio attraverso perfetti filari, alberi da frutto e ulivi. Al pari delle nostre Langhe e di quelle del Prosecco che hanno ottenuto il riconoscimento da parte dell’Unesco anche le “terrazze-giardino” di questa zona sono candidate a divenirlo. Seguendo le strette strade cantonali è facile trovarsi ora in Italia, ora in Slovenia a seconda del percorso e delle curve da affrontare.
E proprio percorrendo una di queste strade sono arrivata alla cantina Reia dove Maja la figlia del produttore mi aspettava per farmi conoscere i loro vini.


L’avevo scelta sia perché utilizzano una coltivazione biodinamica, è una piccola realtà di 15 ettari di cui solo7 dedicati ai vigneti il resto boschivi ed alberi da frutta, per la ricca produzione di vini bianchi e soprattutto per quelli “macerati”, ovvero orange.
Vitigni autoctoni come la Rebula (Ribolla), il Jakot (Sauvignon Vert), la Malvazja Istriana, che crescono su un tipo di terreno molto la particolare la” ponka” poco fertile ma ricchissimo di minerali, vinificati sia in bianco che con la tecnica della macerazione, danno vini dalla spiccata personalità e piacevolezza. Li definirei “vini d’autore” per la cura e la pazienza di come vengono prodotti: basti pensare che l’invecchiamento dei macerati è di 3 anni in botti di rovere o acacia. Inoltre i vini vengono imbottigliati a mano, senza essere filtrati, senza uso di pompe ma solo con l’aiuto della legge di gravità. Che pazienza, un lavoro artigianale!
Entrando nella graziosa sala degustazione un profumo di fiori di camomilla messi ad essiccare mi ha accolta, dandomi una piacevole sensazione di benessere e predisponendomi all’assaggio.
Il primo vino non poteva che essere una Rebula 2021-Brda, Slovenia (100%Ribolla Gialla) 13%, una varietà che più di ogni altra identifica questo territorio e che dopo essere stata abbandonata ha ritrovato una seconda vita.
Si presenta con un bel colore giallo dorato, e i profumi rimandano a pesca ed albicocca con accenni di frutta tropicale, il gusto è pieno e avvolgente con lunga persistenza e una chiusura leggermente amaricante.



A seguire un altro tipico vitigno la Malvazija 2020-Brda Slovenia (100% Malvasia Istriana)12,5%
Colore giallo paglierino con spiccati riflessi verdognoli, all’olfatto sprigiona sentori balsamici e floreali di acacia e tiglio. Il corpo ha una buona struttura, piena e armonica e il sorso termina con un finale appena accennato di mandorle.
Il terzo vino è stato Tolovaj 2019-Brda Slovenia (100% Jakot o Friulano)14% che esprime al massimo il suo territorio. Colore giallo paglierino, al naso rivela una ricchezza di aromi nobili fruttati e floreali.
Il suo gusto è morbido e ricorda la frutta matura, il miele ed un pizzico di caramello: un vino quasi da meditazione da accompagnare perfettamente a formaggi stagionati o crostini di fois gras.
Dopo tre vitigni in purezza ecco un blend riuscitissimo Poanta 2015 -Brda Slovenia– (in proporzioni variabili a seconda dell’annata Chardonnay, Sauvignon Vert, Rebula, Malvasia Istriana)13%. Colore giallo dorato con sfumature aranciate dovute al lungo invecchiamento. Al naso è un’esplosione inebriante di fiori essiccati, spezie, frutta secca. In bocca regala un gusto pieno e caldo e si riscontra una perfetta armonia tra i vitigni presenti senza alcuna predominanza. Chiude con una forte nota sapida e minerale. Ed ecco infine Malvazija “M”2019-Brda Slovenia-(100% Malvasia Istriana)14,5%. Un vino orange dal colore ambrato con riflessi ramati, dovuti alla prolungata macerazione e maturazione in botte. L’arancione di un tramonto estivo! Al naso è molto intenso, aromatico e prevale la sensazione di frutta sciroppata accompagnata dal profumo di un campo di grano scaldato dal sole, il gusto mantiene una vivace acidità e una ricchezza di sapori che vanno dai gherigli di noce alla pesca gialla, terminando con una spiccata mineralità. Un assaggio che è valso un viaggio!
«Amici! Le viti ci hanno fruttato del dolce vino, che ci ravviva le vene e ci schiarisce il cuore e l’occhio e cancella tutte le preoccupazioni, rinnovando la speranza nel petto affranto».
(Inno sloveno)
Reia Winery-Neblo32-5212 Dobrovo – Brdih Slovenja
Alcune foto nel testo, per gentile concessione di Maja Reia


mail: giulianaduchini@womenlife.it