LE DUE VITE DI TINA TURNER

di Francesco Acampora


Tina ci ha lasciati definitivamente lo scorso 24 maggio a 83 anni nella sua amata svizzera, il paese in cui aveva trascorso gli ultimi due decenni della sua vita e di cui era diventata cittadina, accanto al compagno svizzero che, alcuni anni prima, le aveva donato un rene dopo un’insufficienza renale che le aveva fatto pensare anche al suicidio assistito.

Tina nasce Anna Mae Bullock nel Tennesse, figlia di un pastore nella cui chiesa già cantava a 10 anni venendo redarguita perché la sua voce era troppo potente.

Lei e la sorella seguono la madre che, una volta separatasi, si trasferisce a St. Louis dove a 17 anni fa il primo incontro cruciale della sua vita: quello con Ike Turner che coglie la sua bellezza, ma, soprattutto la sua voce potente e vibrante.

I due si sposano, prima in Messico e poi negli States, e iniziano una vita improntata a genio e sregolatezza. Ike è un violento in partenza. Ma questa sua indole viene amplificata dall’uso smodato di cocaina che i successi discografici della coppia permettevano di acquistare senza problemi.

Quindi, se da un lato pubblicano brani rimasti nella storia della black music, la cover di “Proud Mary” dei Creedence Clearwater Revival, “River Deep Mountain High” e “Nutbush City Limits” scritto dalla stessa Tina, dall’altro la vita di lei è un inferno continuo di abusi e sopraffazioni verbali e fisiche. Come spesso succede in questi casi però, l’abusata non trova la forza di reagire; anche perché nel frattempo si doveva occupare dei figli, uno avuto da un matrimonio giovanile e uno dal matrimonio con Ike, oltre ai due del primo matrimonio di lui.

Per di più quasi tutte le idee innovative di lei vengono regolarmente bocciate. Ike, infatti, non vuole assolutamente uscire dal cliché del rhythm & blues, da lui considerato l’unico valido e che può provvedere successi e denaro ad libitum.

Ma, come anche lo schiavo si ribella, Tina disperata scappa da un albergo durante un tour insieme, capendo che non è solo la sua vita che va salvata ma anche quella dei bambini che quotidianamente sono costretti ad assistere a scene di ogni genere.

Qui dobbiamo fare una parentesi dolorosa perché i primi due figli sono morti ben prima della madre, uno suicida e l’altro per un tumore.

Alcuni tra i grandi dolori che Anna Mae ha affrontato nella sua vita. Trovando, però ad un certo punto un aiuto cruciale che le è stato di supporto per tutto il resto della sua vita: la pratica buddista. Iniziata a questa da un’amica di Ike nel ’73 lei stessa si definiva una “battista buddista”, coniugando così la religione della sua gioventù e la filosofia del resto della vita.

Torniamo però all’attività artistica del dopo Ike. Imprevedibilmente, i suoi album solisti, ben quattro, non ottengono nessun successo, né di critica, né di vendite.

Quindi Tina, che deve sopravvivere e che non ha certo perso il dono della sua voce e che continua comunque a fare ospitate in tv, si riduce a fare concerti e serate nei luoghi più disparati, pur di pagare le bollette. E verso la fine degli anni 70 la troviamo in tour in Australia, e nel 1979 addirittura in Italia ospite fissa di un programma di Pippo Baudo e poi anche del Festival di Sanremo.

È chiaro ormai, vista anche l’età arrivata alla quarantina, che la sua è una carriera che va a scemare.

Ma anche i miracoli accadono. L’ex manager di Olivia Newton-John, Roger Davies, crede in lei e decide di occuparsi del suo futuro cominciando a farle aprire i concerti di altre star come i Rolling Stones, Rod Stewart e Chuck Berry. E qui appare il secondo miracolo: il produttore John Carter riesce a svellere la resistenza della Capitol Records e a farle ottenere un contratto per tre nuovi album. E qui pare che si sia inserito anche David Bowie, amico ed estimatore di Tina, che chiamò il capo della Capitol minacciandolo se non avesse scritturato la nostra.

E così…inizia la seconda vita di Tina Turner. Nel 1984 esce “Private Dancer”. Venti milioni di copie vendute, il singolo “What’s love got to do with it” arriva al n.1 in USA  e vince tre Grammy, l’Oscar della musica. Di questi Tina ne avrà in carriera ben sette.

Sette dei dieci brani dell’album vengono estratti come singoli e il Private Dancer Tour consterà di 177 concerti!

E da qui, nel 1985 c’è USA for Africa, e recita in Mad Max e la sfera del tuono con Mel Gibson portando al successo “We don’t need another hero”.

All’album seguente “Break every rule” vollero partecipare Bryan Adams, David Bowie, Mark Knopfler, Phil Collins, Eric Clapton, Stevie Winwood. Nel tour collegato si esibì davanti a 180.000 persone a Rio De Janeiro finendo nel Guinness dei primati.

Nel 1991 decide di scrivere la sua autobiografia “Tina-What’s love got to do with it,” un immediato best seller che Hollywood non si fece sfuggire, trasformandolo due anni dopo in un bel film interpretato da Angela Bassett e Lawrence Fishburne, che furono entrambi candidati all’Oscar.

Tutti gli anni 90 e i 2000 furono costellati di ulteriori successi, e la lista sarebbe troppo lunga.

Nel 2009, ormai settantenne, Tina annuncia di non voler più esibirsi in pubblico.

Ma scriverà ancora due libri, My love story nel 2018 e nel 2020 una guida alla felicità in cui raccontava il suo personale metodo per raggiungerla.

Tina Turner è stata davvero un’icona, ma soprattutto la dimostrazione che talento e volontà possono realmente produrre non una, ma due vite di successo.


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