JULIAN OPIE: UMANO, TROPPO UMANO

di Irene Niosi
Consiglio di non perdere di visitare a Roma, presso la Galleria Valentina Bonomo, la mostra delle opere di Julian Opie, (Londra 1958), artista di grande talento. Da sempre interessato alla figura umana, la sua produzione, presente nelle collezioni di oltre settanta musei sparsi in tutto il mondo, comprende paesaggi, ritratti e figure animate in movimento. Nella bella sede della galleria al ghetto, sono esposte le nuove walking figures, opere che colpiscono oltre che per la loro sofisticata semplicità, anche per l’immediatezza con cui lo spettatore si ritrova calato in una dimensione spaziale sospesa, circondato da anonimi personaggi presi di profilo, senza i tratti del viso e raffigurati senza piedi. Sono passanti colti nell’atto di camminare in un contesto urbano non definito, le cui sembianze umane si riconoscono dall’abbigliamento e dagli oggetti di uso quotidiano, come un cellulare o un berretto. L’artista parte dal binomio movimento – figura che realizza attraverso la semplificazione della forma e con l’impiego di campiture piatte che delimita con una linea spessa di contorno, una linea che tende a omologare queste parvenze umane. Il suo intento è di mettere chi guarda, in condizione di entrare in contatto coi soggetti raffigurati proprio grazie ai loro movimenti e ai loro gesti, e ad interagire con essi dentro lo spazio che li contiene.


Esseri viventi che nonostante la riduzione iconica non mancano di espressività e che non perdono una loro intrinseca, anche se non manifesta, umanità. Per l’artista, la narrazione di una realtà legata al segno e a ciò che va oltre ad essa, si rivela di fondamentale importanza e scaturisce da una visione binaria che scandaglia sia gli aspetti peculiari dell’immaginario collettivo sia quelli legati alla percezione. La forza propulsiva da cui sprigiona il movimento delle walking figures, rimanda anche al tema caro ai filosofi greci che ritenevano positivo per il pensiero, camminare. Dalla scuola peripatetica di Aristotele in poi, l’effetto benefico del passeggiare è sempre stato ritenuto di grande utilità per sviluppare l’immaginazione e per liberare i moti dell’animo. Queste opere eleganti, dalle superfici levigate, sono spesso state paragonate al design pubblicitario, alla segnaletica stradale e ai pittogrammi per la composizione da cui sicuramente l’artista ha preso spunto, come anche è evidente un riferimento alla pop art. Ma la poetica di Opie mira a ben altro. Definite icone moderne, sotto questa stilizzata rappresentazione della realtà, si cela un significato molto più profondo. Sono forti figure simboliche, concepite per un immaginario che le indirizza verso un mondo spirituale, dove l’artista si pone come un mistico che cerca di descrivere l’ineffabile.


Per Valentino Catricalà nel testo di presentazione della mostra, le opere di Opie sono: “dei totem dell’identità della memoria collettiva del gruppo, dei suoi valori e credenze”. Ad una lettura frettolosa e superficiale queste sagome nel contesto urbano che tutto appiattisce, sembrano creature disumanizzate, invece è grazie a questa rappresentazione che recuperano il loro precipuo valore di umanità. Un’umanità in cui tutti possiamo identificarci che si avverte proprio per la sua sfumata presenza e che, nella sua anonima solitudine, è simile a noi mentre ci passa accanto ogni giorno, camminando al nostro fianco. Un’umanità che vive le nostre stesse nevrosi e le nostre stesse paure. Umano, troppo umano. Galleria Valentina Bonomo – Roma, via del Portico d’Ottavia, 13 – Fino al 30 settembre 2023: dal lunedì al venerdì ore 15,00 – 19,00.

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