LA GRANDE FABBRICA DELLE PAROLE

di Paola Merolli


Ho letto il titolo, ho guardato la copertina ed è stato un colpo di fulmine: l’ho subito amato.

“La grande fabbrica delle parole”. Una storia incantevole grazie alla bravura dell’autrice Agnès de Lestrade e alle splendide illustrazioni di Valeria Docampo. Il libro è edito da Terre di Mezzo.

“La grande fabbrica delle parole”, racconta una storia commovente e poetica, ambientata in un mondo immaginario dove le parole non sono libere come l’aria, non si possono semplicemente dire, ma devono essere fisicamente prodotte, acquistate e inghiottite prima di poterle pronunciare!

Non tutti possono permettersi di dire quello che vogliono, perché alcune parole sono molto, molto costose, perciò ogni singola parola deve essere scelta con cura. Nessuno spreco.

In questo strano mondo vive un ragazzo di nome Philéas, che ha un sacco di parole nel cuore ma pochi soldi nel salvadanaio, quindi deve pensare molto bene a quali parole usare per esprimere i suoi sentimenti a Cybelle, la ragazza di cui è innamorato. Il suo antagonista Oscar, invece, è ricco e dispone di tante parole soprattutto di quella più importante: ti amo.

Alla fine, però, Philéas trova tre parole perfette, semplici ma potenti, per far capire a Cybelle i suoi sentimenti. Ma non vi dirò quali sono… dovrete scoprirlo leggendo il libro!

Una tenera storia d’amore e del costo emotivo del silenzio. Il bisogno umano di esprimersi non solo a scopo pratico ma come mezzo per formare connessioni più profonde con gli altri. Tema che diventa particolarmente toccante se visto attraverso lo sviluppo di Phileas: la crescente consapevolezza delle ingiustizie e il suo desiderio di superarle. L’iniziale ingenuità e la frustrazione per le limitazioni imposte sulle parole si trasformano gradualmente in un’astuzia che usa per sfidare le regole del suo mondo: l’ingegno e la creatività superano tutti gli ostacoli.

“La grande fabbrica delle parole”, non è solo un’opera di narrativa per bambini, ma un’analisi sulla natura e l’importanza della comunicazione nel mondo moderno. Attraverso la premessa di parole prodotte e vendute, mette in luce le disuguaglianze sociali e economiche che influenzano l’accesso alla comunicazione, all’educazione, alle informazioni e agli strumenti di comunicazione di base: un diritto fondamentale spesso dato per scontato.

Il viaggio del protagonista diventa così una metafora sull’importanza della comunicazione e una testimonianza della lotta per la voce e la visibilità in una società che prezza queste merci oltre la portata di molti.

Agnès de Lestrade, scrive in terza persona, permettendoci così di osservare la storia da una prospettiva esterna, ma intimamente connessa al protagonista. Le frasi sono brevi e incisive e questa scelta narrativa facilita una connessione empatica tra noi e Phileas, rendendo le sue sfide e vittorie più impattanti.

Inoltre la scelta accurata delle parole riflette la tematica stessa del libro, enfatizzando il valore e il peso di ogni termine utilizzato.

Agnès trasforma ogni frase in una piccola poesia, ogni parola è scelta con grande cura, come fosse un tesoro. Parole semplici ma potenti, che riescono a farci sentire esattamente quello che provano i personaggi. L’autrice riesce a creare un mondo dove, anche se le parole devono essere comprate, i sentimenti e le emozioni sono liberi e possono essere condivisi con tutti.

Ogni parola aggiunge un colore o una sfumatura alla storia così come ogni illustrazione di Valeria Docampo aggiunge una profondità emotiva che le parole da sole non potrebbero trasmettere.

Le immagini sono ricche di dettagli e simbolismi, come, ad esempio, la grande fabbrica scura che domina il paesaggio, rappresentando visivamente la pervasività e il controllo del linguaggio nella società.

La luce, l’ombra e i colori sono usati per farci sentire le emozioni dei personaggi: i rossi e i gialli per i momenti di gioia e d’affetto; i blu e i grigi per quelli più tranquilli o tristi. Per esempio, quando Philéas cerca le parole giuste per dire a Cybelle quello che sente, i disegni intorno a lui diventano più luminosi e caldi, come se le emozioni che prova illuminassero il mondo attorno.

Ogni colore, ogni linea e ogni forma ci aiuta a sentire la storia non solo con la mente, ma anche con il cuore: piccole parole fluttuano tra le pagine come farfalle, sembra di sentire il loro sussurro nell’aria.

Leggendo la “La grande fabbrica delle parole” mi sono venuti in mente altri due libri che potrebbero in qualche modo essere paragonati a questo: “Il Lorax” di Dr. Seuss che, attraverso una narrazione fantastica, parla dell’impatto dell’uomo sull’ambiente e “Charlie e la fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl. In questo caso entrambi i libri usano la fabbrica come simbolo centrale di un bene desiderabile: parole in uno e cioccolato nell’altro.

In conclusione, “La grande fabbrica delle parole”, è un esempio di come i libri per bambini possano essere anche educativi, offrendo uno spunto per discutere di questioni complesse in un modo che sia accessibile e coinvolgente per i piccoli lettori, incoraggiandoli a riflettere sull’impatto delle parole e sull’importanza di avere la libertà di sceglierle e usarle senza restrizioni. Il potere e la magia delle parole. A volte, anche le più semplici, possono dire molto più di quanto immaginiamo.


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