SETTE CHIESE

IL GIRO DELLE SETTE CHIESE

di Flaminia Casardi


Il Papa apre la Porta Santa, la più importante, quella della Basilica di S. Pietro in Vaticano e ufficialmente inizia il Giubileo. Migliaia di pellegrini si riversano a Roma, chiedono la remissione dei loro peccati visitando le principali Cattedrali. Parleremo del perché si chiami “Giro delle sette chiese” e non quattro come prevedeva l’Anno Giubilare, ma cominciamo dal significato della parola Giubileo.

Il vocabolo ha origine nell’Antico Testamento e indica l’Anno Sabbatico, che cadeva ogni cinquanta anni. Durante questo periodo la terra non poteva essere lavorata, parte dei beni venduti ritornavano ai loro proprietari, più un altro complesso di norme tendeva soprattutto a equilibrare ricchezze e regole sociali. Fu osservato ufficialmente per l’ultima volta nel 69 a C., ma resta la regola dello Shabbat, il sabato ebraico, dedito alla preghiera ma interdetto alle questioni pratiche. La parola esatta deriva da “jobel” e fu commutata in Giubileo in seguito dai cattolici.

Nel 1300 papa Bonifacio VIII promulgò il primo per placare un desiderio generale di purificazione da parte dei romani che si stava trasformando in ansia e forse in qualcosa di più pericoloso. Le norme per ottenere l’indulgenza plenaria consistevano nella Confessione, nella Comunione e nella visita alle due Basiliche di S. Pietro e di S. Paolo. Questa iniziativa suscitò un tale entusiastico consenso da attirare a Roma, come raccontano le cronache dell’epoca, una folla di oltre due milioni di fedeli. Impossibile sarebbe raccontare qui tutte le modifiche che i Papi seguenti apportarono a questa usanza, aggiungendo o riducendo gli anni d’intervallo, le Chiese da visitare e così via. La confusione di anni e scadenze regnava sovrana, finché Paolo II stabilì che si svolgesse ogni 25 anni. Nonostante ciò, vi furono ulteriori allungamenti o accorciamenti a seconda dei desideri papali.

Nel 1575 e fino al 1950 le Basiliche da quattro divennero sette e “Nel puro spirito della tradizione romana tale è rimasto il pellegrinaggio devozionale ed espiatorio per eccellenza”.

Ma usciamo per un attimo da Roma e andiamo a vedere quello che succede in Germania. Siamo all’inizio del 1500 e questa vendita delle indulgenze, davvero smodata, sta diventando una vera e propria mercificazione delle anime.

Direttamente dal libro “Q”:

“Alberto di Hohenzollern diventa arcivescovo di Magdeburgo, ha 23 anni, questa nomina significa oro nelle casse del Papa, fa un’offerta: 14.000 ducati per l’arcivescovado, più 10.000 per la dispensa papale che gli permetta di tenere tutte le cariche. L’affare viene trattato attraverso la banca Fugger di Augusta che anticipa la somma, sono i banchieri a indicare le modalità di pagamento. Alberto deve promuovere nelle sue terre la predicazione delle indulgenze di Papa Leone X, i fedeli verseranno un contributo per la costruzione della basilica di San Pietro, in cambio otterranno un certificato: il Papa li assolve dai loro peccati. Solo metà dell’incasso finanzierà i cantieri di Roma, Alberto userà il resto per pagare i Fugger. L’incarico è affidato a Johann Tetzel il più esperto predicatore sulla piazza, lui batte i villaggi ma si ferma al confine con la Turingia che appartiene a Federico di Sassonia, che riscuote in proprio le indulgenze, attraverso la vendita delle reliquie. Ma Tetzel è un furbacchione, sa che i sudditi di Federico faranno volentieri poche miglia oltre frontiera. Un nulla osta per il paradiso vale il tragitto. L’andirivieni di anime in cerca di rassicurazione indigna a morte un giovane frate agostiniano, non può tollerare l’osceno mercato messo in piedi da Tetzel, con stemma e bolla papale in bella vista. Allora il frate affigge alla porta settentrionale della chiesa di Wittenberg novantacinque tesi contro il traffico delle indulgenze.

Si chiama Martin Lutero, con quel gesto ha inizio la Riforma.”

Ma ritorniamo ai nostri tempi.

Apriamo il giro delle basiliche cominciando da San Pietro, che invito caldamente a visitare, perché non solo è di stupefacente bellezza ma è un comunicatore di spiritualità. Anche la persona più laica la più lontana dalla fede cattolica troverà una dimensione religiosa, intensa e personale.

In origine la tomba dell’Apostolo Pietro era una semplice fossa, in seguito vennero erette due nicchie sovrapposte, di cui la più grande chiusa da una lastra di travertino, era sorretta da due colonne. Su questo monumento primitivo, intorno al 315, l’imperatore Costantino, in ringraziamento della vittoria riportata su Massenzio, fece iniziare i lavori per la costruzione di una vera Basilica. Da qui in poi, ogni papa aggiunse qualcosa; un presbiterio, un’edicola con baldacchino, una base con dei piloni, una cupola, infine un portico a cui si accedeva tramite 36 gradini di marmo, che i fedeli salivano in ginocchio. Anche Carlo Magno volle umilmente seguire questo rituale, prima di essere consacrato imperatore.

Siamo nel 774 e ormai esiste una facciata marmorea, un tetto, una torre come campanile e cinque porte principali: la Porta Guidonea, usata dai pellegrini, la Porta Romana, per i cittadini di Roma, la Porta Argentea così chiamata perché ornata di ricchi fregi d’argento, che fu poi sostituita con quella di bronzo ancora esistente. Porta Ravennate era per gli abitanti di Trastevere, che allora si chiamava “Città de’ Ravennati” e Porta Judicii per far passare i cortei funebri.

Vi era infine una piccola Porta, che si apriva in occasione di ogni Giubileo, le cui ridotte dimensioni servivano a revocare le parole di Cristo, che aveva descritto le Porte del Cielo come assai esigue, ma per ovviare all’inconveniente dell’inevitabile accalcarsi dei fedeli, ne fu aperta una molto più grande e questa è la Porta Santa che si usa attualmente. Per ulteriori notizie sulla Basilica di San Pietro e sulle altre, vi aspetto nel numero di marzo.


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