Fate l’amore e fate la guerra: la storia del Battaglione Sacro di Tebe

di Andrea La Rovere
Avete presente quando, nei film d’azione, specie quelli di serie B, al protagonista viene un’idea talmente assurda e improbabile che all’inizio tutti si mettono a ridere? Di solito, poi, qualcuno dice che la pensata è talmente pazzesca che potrebbe funzionare, tutti si mettono sotto e alla fine il bene trionfa.
Beh, è più o meno il caso del “Battaglione Sacro” di Tebe.
L’idea è così bizzarra che non mi prendo responsabilità e la faccio descrivere da Plutarco:
“Quando il pericolo incombe, gli uomini appartenenti alla stessa tribù o alla stessa famiglia tengono in minimo conto la vita dei propri simili; ma un gruppo che si è consolidato con l’amicizia radicata nell’amore non si scioglie mai ed è invincibile, poiché gli amanti, per paura di apparire meschini agli occhi dei propri amati, e gli amati per lo stesso motivo, affronteranno volentieri il pericolo per soccorrersi a vicenda.”
L’idea, in soldoni, è quella di creare un corpo di soldati d’eccellenza che siano amanti tra loro, a coppie.
Se vi sembra tutto un po’ ambiguo, via quelle facce imbarazzate: ai soldatacci dell’antica Grecia, esempi di virilità e prestanza, piaceva fare l’amore senza moralismi e distinzioni. Anzi, a dirla tutta, le relazioni omosessuali erano ritenute anche più nobili di quelle etero. Attenzione, questo non tanto perché i Greci fossero così progressisti in quest’ambito – in altri sì, tanto da inventare la democrazia – ma perché la considerazione che avevano delle donne era bassissima.
In pratica, avveniva un po’ come oggi in tanti ambiti dove l’argomento è tabù, solo che loro lo facevano alla luce del sole, con grande soddisfazione di tutti, come sempre dovrebbe essere.
La storia del “Battaglione Sacro” si intreccia con quella di Tebe e del suo periodo di egemonia, e di Epaminonda e Pelopida, due vere rockstar dell’antichità che nei secoli sono state un po’ messe da parte a favore di nuovi idoli: Giulio Cesare, Gesù, Napoleone e i Maneskin.
Tebe era la città più importante della Beozia, abitata dai Beoti che, lo capirete anche voi, proprio tanto svegli non erano. Epaminonda e Pelopida, però, erano decisamente più svelti e avevano un sogno: rendere Tebe grande e coprirla di gloria più di Atene e Sparta. I due – ma qui scadiamo nel gossip – pare fossero un po’ più che amici, ma a noi poco importa.
All’epoca la Grecia, pur piccola, era continuamente in guerra a causa delle varie correnti interne, da Sparta ad Atene, senza contare le incursioni di macedoni, persiani e di chi primo arrivava. Un po’ come un congresso del PD, solo che i greci si squartavano sul serio.
Per i tebani, insomma, le occasioni di dare battaglia non mancavano. Qui ricordiamo le due grandi imprese del “Battaglione Sacro”. I dettagli non li sappiamo, tanto che alcuni storici non credono nemmeno che esistesse, ma io ve la racconto per come me l’hanno venduta.

Il famigerato corpo d’élite viene costituito da Gorgida ed è composto da 150 coppie di amanti. La prima grande occasione è la Battaglia di Tegira, nel 375 a. C.
I tebani vogliono invadere Orcomeno, che non è un’imprecazione ma una città alleata di Sparta. Quando si rendono conto che in 300 sarebbe come attaccare il palazzo di Putin armati di tagliaunghie, si riavviano verso casa.
Chi ti vanno a incontrare sulla strada? L’esercito spartano, che se ne va a spasso con una formazione di 1000 soldati secondo Eforo, 1400 per Callistene, 1800 per Polibio, una cinquantina per la Questura.
A quel punto, Pelopida se ne esce con un ipse dixit da antologia.
“Siamo caduti nelle mani dei nostri nemici!” gli fa un soldato.
Il condottiero si accende una sigaretta, tira una boccata e fa: “Tsk, tsk, sono loro che sono caduti nelle nostre!” e impenna il cavallo, con un’espressione degna di Chuck Norris.
Insomma, a farla breve, finisce che i 300 amanti fanno neri gli spartani.
Non solo, quattro anni dopo a Leuttra si replica, ma in grande. Stavolta al comando c’è Epaminonda e le forze sino 11mila contro 8mila. Con la tecnica della “falange obliqua” e con l’apporto del “Battaglione Sacro”, la spuntano ancora i tebani.
I super amanti restano invitti per anni, poi Filippo II li annienta a Cheronea.
Filippo, però, rimane ammirato, tanto da dire: “Possan di mala morte morire quelli, i quali han sospetto che facessero o patisser questi alcuna disonestà!” Un tantino melodrammatico, se si considera che tale è la sua stima che fa buttare le 150 coppie, che non sono fuggite nemmeno davanti a morte certa, in una fossa comune, dove poi però fa erigere un leone in loro memoria. Nel XIX secolo si scava sul posto e si trovano 254 scheletri.
I conti non tornano: o non erano proprio 300 o qualche rapporto d’amore era meno solido di quanto si raccontasse.

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