CONFRONTO A DUE DEL CONCETTO SCUOLA
di Alessandro Servoli e Paola Pellegrini
Da alcuni giorni sono venuto in possesso di un libercolo trascritto da Roberto Binazzi nell’anno
’69-’70 di una terza al Liceo Classico Annibale Mariotti di Perugia, dal titolo: “Detti memorabili di una terza liceo” e dedicato dall’attento trascrittore ai suoi compagni di classe.
I lettori si domanderanno il motivo del mio morboso interesse quando mio cugino me ne ha fatto dono. Provo a coinvolgervi dandovi, ovviamente, delle giustificazioni.
Ho frequentato il liceo Mariotti diplomandomi nel luglio del ’68 ed ero nella stessa sezione C di Binacci e, avendolo preceduto di soli due anni, abbiamo avuto gli stessi insegnanti. Ho letto appassionatamente queste interlocuzioni che mettono a nudo le figure istituzionali di quei tempi; l’insegnante si rivolgeva all’alunno con il “lei”, il rapporto era così distante, formale e per nulla empatico tanto da farti sentire una briciola – parlo in prima persona – molto attenta a non essere schiacciata. Riporto di seguito alcune di queste frasi per permettere al lettore di comprendere anche solo marginalmente quanto sopra detto e, al tempo stesso, le trasformo in strumenti di valutazione per una cara amica mia coetanea, Paola Pellegrini, che per decenni ha rivestito il ruolo di professoressa di Inglese al Liceo Statale Jacopone da Todi.
A questo punto mi viene naturale dare un giudizio personale su quei tempi, sull’efficacia o meno di tanto rigore educativo e sui risvolti umani, culturali e psichici che tale metodo produceva. Sono trascorsi quasi sessant’anni e niente più del tempo è maestro di vita e giudice implacabile di memorie vissute con goliardica accettazione, con profonda gioia, con amara ingiustizia.
Ogni tempo ha le sue regole e il mio giudizio finale è solo parzialmente assolutorio; attendo quello di Paola espresso qui di seguito, valutando singolarmente e complessivamente alcuni “detti memorabili”.
“… Le ragazze stanno veramente esagerando… io in principio le ho tollerate, ma adesso si esagera proprio con queste minigonne, che sono troppo mini. Bisogna poi portare sopra queste strane fogge il grembiule nero, che deve assolutamente coprire il ginocchio… Quelle che poi si mettono i calzoni io le ho finora sopportate in quanto sopra portavano delle casacche che coprivano abbastanza, ma ora, con il timido affacciarsi di questa primavera cominciano a venire con delle magliette soltanto e oltretutto i pantaloni sono di stoffa molto sottile…”
Preside Francescaglia, 18-5-‘70
Paola
Dagli anni ’70 le cose sono molto cambiate anche se ogni tanto torna il tormentone ‘tutti vestiti allo stesso modo per non creare differenze sociali’. E’ palese l’atteggiamento bacchettone del Preside riguardo le minigonne e i pantaloni per non parlare del grembiule nero sotto il ginocchio da ‘pruderie’ vittoriana. Personalmente non sono contraria alla divisa come nei collegi inglesi ma la mia deviazione è evidente e comunque la scuola italiana non prevede identità collegiali in quanto scuola pubblica. Credo che ognuno debba essere libero indossare quello che vuole ma sempre nel rispetto dell’istituzione scolastica. Per quanto riguarda la mia esperienza da docente al Liceo, posso dire che dopo avere tollerato per anni una eccessiva ‘disinvoltura’ nell’abbigliamento degli studenti, senza distinzione di sesso, il Collegio dei Docenti ha stilato una circolare con delle regole inerenti l’abbigliamento scolastico e inserita nel documento ‘Patto di corresponsabilità docenti/genitori/alunni. I genitori e gli alunni hanno ricevuto positivamente il regolamento e il problema è stato risolto.
“Ed ora con quest’affare del corso unico di quarta e quinto Ginnasio, succederà che i somari e i cretini in quarta non faranno niente ed accumuleranno la loro sterminata ignoranza… Ma è un’arma a doppio taglio, perché in quinta saranno non bocciati, ma strabocciati e così si ricomincerà daccapo. Che bella cosa, eh?!? Al liceo arriveranno questi torsoli, ignoranti totali…”
De Philippis, professore di Matematica e di Fisica, 19-5-‘70
Paola
Affermazione sicuramente eccessiva riguardo i ‘torsoli e gli ignoranti totali’ che evidenzia una bassissima considerazione dell’alunno ed anche dei colleghi per non parlare della totale assenza di fiducia e prevenzione nelle capacità di sviluppo, crescita e recupero dell’alunno. Devo ammettere comunque che c’è sempre stata una velata competizione tra i docenti del biennio, nel caso specifico del ginnasio, e quelli del triennio. Ed è altrettanto vero che questi ultimi accusano i colleghi del biennio di promuovere a volte immeritatamente.
Una chiosa sul discorso bocciature perché mi viene da sorridere all’idea che una volta si bocciava anzi, si strabocciava! oggi non è più così e per diversi motivi ed io sono una docente un po’ controcorrente perché penso che la bocciatura, quando giustamente motivata, sia uno doverosa e salutare. Se il compito e le finalità dell’Istituzione scolastica è quello della crescita e della formazione di individui responsabili attraverso l’apprendimento, la conoscenza e l’impegno è per questo fondamentale far capire ai genitori e agli studenti che il giudizio finale di merito è sulla performance e non sulla persona. Ma quanto è difficile il mestiere dell’insegnante!!
“E’ dei cretini, proprio dei perfetti cretini, dire: questo mi serve e questo non mi serve. Tutto è utile per la formazione del cervello. Se uno possiede una certa… come dire, elasticità di mente, lo deve all’esercizio. Se poi, a forza di esercitarsi, si spezza il cervello, non è colpa mia… Lo studio gli sarà sempre servito a qualcosa. Non che esso dia alcuna superiorità; uno che ha studiato non è in niente diverso da uno che non ha studiato, manco per il cavolo fritto… Ho conosciuto persone che non avevano studiato, ma che, essendo di grande intelligenza erano arrivate ad alte posizioni…”
De Philippis, 16-3-‘70
Paola
Qui il discorso si fa complicato. E’ anche molto attuale e non è facile sintetizzare. Studiare ‘serve’ sempre, sono d’accordo. Mi limito ai nostri tempi per questione di spazio. Laurearsi significa avere acquisito conoscenze e competenze ma non sempre significa che il lavoro conseguente alla laurea ti dia poi le soddisfazioni sperate e/o le prestazioni richieste. Chi ha conseguito solo il diploma delle superiori (o in altri tempi la licenza elementare) non vuol dire che sia limitato nel raggiungere alte posizioni. Qui valgono l’esperienza e l’acquisizione sul campo; la pratica e l’intelligenza fanno il resto. Per me non esiste la superiorità culturale è solo una questione di opportunità e possibilità. Ricordo che ai miei alunni dicevo all’occorrenza: studiate sempre anche se poi non andrete all’Università e leggete più che potete. Studiare salva la vita e poi è meglio un agricoltore colto che ignorante. Ci sarà sempre qualcuno che vorrà fregarvi!!
“… Gentili signori dei miei stivali, noi siamo insieme, salvo alcuni, su cui però ho sufficienti elementi di giudizio, da cinque anni, in cui ho avuto tempo di farmi un preciso giudizio su di voi. Quindi qui non si BLUFFA!”
De Philippis, 19-12
mail: alessandroservoli@womenlife.it