UN CARROZZONE TUTTO ITALIANO
di Alessandro Servoli
Si sono spente le luci del 73° Festival ma continuano gli echi di una kermesse che da anni è palcoscenico più politico che canoro, al servizio di una certa metodica che prima ancora di essere parlamentare e quindi democratica è “l’oscuro e potentissimo Partito RAI”, inattaccabile da decenni, con inalterato potere più forte del susseguirsi di governi e coalizioni.
Ripercorrendo la sua lunga storia è facile riconoscerne le fasi; la prima postbellica di mamme, fiori, papaveri e papere; la seconda, stanca vetrina di una musica fuori tempo, contestata dagli stessi cantanti e dalla stessa RAI; la terza, dopo gli anni ottanta oltre che gara canora diventa passerella multiforme, provocatoria, con un effetto dirompente su un terreno culturale italiano ancora legato alla tradizione cattodemocristiana.
Eccoci ai giorni nostri, alla vetrina canora stracolma, a mio avviso, di personaggi e canzoni vuoti di contenente e di contenuto e, di contro, strapagati personaggi che in un contesto scenografico di alta sartoria, di fiori, di applausi guidati, si elegge a Terza Camera Parlamentare, con poca democratica politica, senza contraddittorio ma comunque e sempre a spese delle tasche degli Italiani.
Abbiamo avuto modo in questa ciclopica performance di assistere ad una presenza, come di consueto, dignitosa è tranquillizzante, del Presidente Mattarella, incalzato da un Benigni, a mio avviso, sempre meno attore e sempre più scomposto parolaio dantesco o costituzionale e, accanto, uno stuolo di super Barbie con super tacchi e abiti succinti che scendono pericolosissime scale messe lì di proposito per quasi pesarne la consistenza fisica; alle quali vengono attribuiti monologhi degni di un teatro d’avanguardia o peggio ancora da tribuna politica di parte, senza tenere in giusta considerazione il loro effettivo valore nell’essere Donne.
Non posso tralasciare la pochezza dei testi e delle voci dei giovani cantanti, fatta qualche rara eccezione, che definirei più urlatori senza voce e senza contenuti fino a trasformarsi in devastatori di palcoscenico per coprire i propri limiti cerebrali e canori.
Mi chiedo oggi quale ruolo può continuare a rivestire un complesso apparato dagli alti costi istituzionali e che possa ancora essere a pieno supporto pubblico avendo, tra l’altro, perso, completamente, la funzione nazionalpopolare per cui è nato e il rapporto mediatico nel campo canoro internazionale.
Se però, come immagino, tutto questo costosissimo ed insignificante carrozzone continuerà, ogni anno, a mettersi in moto, dovremo convincerci che in un Paese che ha, da tempo, perduto la capacità di fare vera Politica, tra i cittadini, nelle aule parlamentari, continui a mantenere in vita questa terza opzione, tutta e solo italiana, che sicuramente, visti i numeri in ordine di milioni di ascoltatori, è sicuramente la strada più utile, più facile ma anche più vergognosa di fare politica e che, ancora una volta, dà prova del bassissimo livello che ha raggiunto .
Se negli anni sono stato uno sporadico frequentatore delle serate sanremesi, certamente, con questa settantatreesima edizione ho concluso anche la mia analisi critica.