CAPODANNO A BAGAN IN BIRMANIA

di Maria Luisa Migliardi e Aurelia Cantuti Castelvetri


Era il 2007, quando siamo andati in Myanmar, l’ex- Birmania e la prima cosa che ci ha colpiti è stata la cordialità degli abitanti di quello che è soprannominato il Paese del sorriso, in cui le persone dimostrano una serenità a dir poco sconcertante nonostante le scarse risorse economiche e la difficile situazione politica che ha portato all’ingiusta condanna dell’ex leader e Premio Nobel Aung San Suu Kyi a 26 anni di carcere.

In questo mio tour virtuale voglio segnalarvi però solo i 4 luoghi imperdibili e che hanno fatto di questo viaggio, per me, uno dei più belli.

YANGON

Atterriamo a Yangon, ribattezzata Rangoon dagli inglesi negli anni ’20, fino al 2006 capitale del Paese, e ancora suo cuore e centro nevralgico, con più di 5.000.000 di abitanti. Già all’arrivo si rimane affascinati dalle numerose pagode e dai templi che si intravedono ovunque; la calma della popolazione invita a vivere secondo i ritmi di una volta e visitando i luoghi di devozione ci si rende conto della grande religiosità di questo popolo.

La prima sosta è alla Pagoda Shwedagon, imponente complesso buddhista, la più bella e sacra pagoda del Myanmar, costruita più di 2600 anni fa. La luce del tramonto che si riflette sulla maestosa Shwedagon, coperta da 60 tonnellate d’oro puro, ci lascia attoniti.

Andiamo poi a piedi alla Pagoda Chaukhtatgyi famosa per il Grande Buddha reclinato: una statua di 66 m. con un abito dorato e una corona di diamanti e pietre preziose; le piante dei piedi della statua sono decorate con intarsi raffiguranti le 108 caratteristiche fisiche che contraddistinguono Buddha. Dopo passeggiamo lungo strade con palazzi fatiscenti che ci riportano al periodo coloniale inglese. Sugli affollati marciapiedi si svolgono piccoli commerci locali, uomini e donne seduti su bassi sgabelli passano il tempo chiacchierando e cucinando alimenti per noi sconosciuti; biciclette, tuk-tuk ovunque e minibus con grappoli umani appesi ad ogni sostegno affollano le strade. Arriviamo  stanchi ma felici all’Hotel Strand (92 Strand Rd.) in pieno centro, stile old british, a ogni piano c’è il nostro sorridente e servizievole butler: lo consiglio a si vuole respirare un’aria romantica con vista fiume Ayeyarwady e vuole comprare le lacche più belle birmane.  

LAGO INLE

Prendiamo il volo per Heho diretti al Lago Inle, un luogo diverso da qualsiasi altro al mondo, con ritmi inconsueti e panorami inediti, animato da persone molto laboriose. Puntellato di orti galleggianti, costruiti con palizzate di canne di bambù infisse sul fondo del lago che trattengono in superficie le alghe trasformate in distese coltivabili su cui crescono frutta, verdura, e anche i fiori. Arrivare sulle sponde di questo lago vuol dire regalarsi attimi di vera pace, di completa sintonia con una natura che – pur essendo regolata dagli uomini – non è “forzata”. Sulle sponde del lago vive da secoli, su palafitte, l’etnia Hyntha, dediti per lo più alla pesca: si riconoscono a colpo d’occhio perché navigano su piccole barche di legno con il fondo piatto, costruite da loro stessi, remando in modo lento e cadenzato: sostenuti da una sola gamba, con l’altra stringono un lungo remo, e pescano gettando delle grandi reti come se fossero le loro ali. Sembra un’antica danza rituale, ipnotica e rilassante!

Il  mercato più noto e frequentato di quest’area è nel villaggio di Inthein: giovani ragazze vendono le loro collane, ventagli e sciarpe di seta colorate fatte a mano nelle fabbriche e oggetti di piccolo antiquariato,. E poi, da veri turisti, non può mancare una passeggiata tra gli antichi Stupa e la visita al villaggio delle donne giraffa, così chiamate perché fin dall’età di cinque anni alle bambine venivano applicati grossi anelli di ottone al collo, per farlo allungare durante la crescita. Per giustificare questa tradizione, si dice che gli anelli dovevano proteggerle dall’assalto delle tigri.

BAGAN

Scriveva Tiziano Terzani nel suo libro “In Asia”: “Ci sono visite al mondo dinanzi alle quali uno si sente fiero di appartenere alla razza umana. Bagan all’alba, è una di queste”. Nell’immensa pianura, segnata solo dal baluginare argenteo del grande fiume Irrawaddy, le sagome chiare di centinaia di pagode affiorano lentamente dal buio e dalla nebbia: eleganti, leggere; ognuna come un delicato inno a Buddha. E’ la Valle dei Templi di Bagan. Sito magico, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, bene da tutelare e preservare per la sua grande importanza religiosa e culturale. Per me una delle sette meraviglie del mondo!

E’ una verde pianura di 40 km quadrati dove nell’XI e XII secolo i sovrani birmani hanno costruito circa 13mila tra templi buddisti, pagode e stupe di varie dimensioni, ponendo così le basi per l’unificazione culturale, etnica e religiosa birmana. Qui non si può fare altro che fermarsi ad ammirare, in silenzio, la storia antica che riprende vita sotto i raggi del sole che la illumina da secoli: bisogna respirarla, assorbirla, lasciarsi avvolgere. I templi levigati dalla sabbia, che ha eroso i rivestimenti di stucco scoprendo i mattoni rossi, prendono sfumature dorate, quando sono illuminati dalla luce del sole. Ogni giorno all’alba e al tramonto, si fa a gara per riuscire ad accaparrarsi il posto migliore sul tetto del tempio Ananda e del Sualamani da dove contemplare questo meraviglioso spettacolo che da solo vale il viaggio, oppure i più fortunati sorvolano la valle dall’alto delle mongolfiere, vivendo un momento unico e emozionante.

La sera di Capodanno a mezzanotte la tradizione birmana vuole che il cielo sia illuminato da 1000 lanterne di carta che volano lentamente in alto.

Consiglio di alloggiare all’Aureum Palace Hotel con piscina a sfioro sulla Valle o al Bagan Thitripyitsaya Sanctyuary Resort, il più antico.

E’ difficile non innamorarsi dei contenitori artigianali in lacca; erano e sono ancora i recipienti per l’elemosina alimentare dei monaci. L’arte della lacca birmana vanta una lunga tradizione, probabilmente giunta dalla Cina: i primi reperti sono stati rinvenuti a Bagan. La lavorazione è molto complessa e la realizzazione di un buon oggetto di lacca può richiedere anche svariati mesi. I più belli sono color rosso/arancio ma ne fanno anche di neri a forma di piccola pagoda o tondi più alti con un coperchio che nasconde all’interno una ciotola piatta per il riso.

GOLDEN ROCK

La Golden Rock è una importante meta di pellegrinaggio buddista e il terzo più importante sito religioso del Myanmar. La “Roccia d’Oro” è un grande masso tondeggiante di granito posto sulla sommità della monte Kyaiktiyo, nel sud del paese. La roccia, ricoperta d’oro, è posta a picco su una sporgenza e, nonostante sembri sempre sul punto di rotolare a valle, si mantiene in solido equilibrio da secoli. È una roccia sacra: la leggenda narra infatti che a trattenerla dal cadere sia un Capello di Buddha. Per questo, sulla sua sommità è stata costruita la Pagoda Kyaiktiyo, che accentua ancor di più il senso di precarietà della roccia e affascina ulteriormente i visitatori.

Davanti alla hall del nostro piccolo albergo passa la sola stradina che conduce al santuario, animata dal via vai dei fedeli e dal chiacchiericcio dei venditori ambulanti. I fedeli affollano il sito, cantano e pregano. Migliaia di candele vengono accese e vi regna un’atmosfera di magia e devozione. Solo gli uomini però possono avvicinarsi alla roccia, attraversando un ballatoio sospeso, e incollarci una foglia d’oro in segno di devozione.

Una curiosità: per raggiungere la roccia sacra. Dopo una tortuosa strada di montagna su un bus carico di pellegrini, si scende e inizia un’erta salita che si può fare a piedi o con delle portantine di bambù sorrette da 4 sherpa! Noi europei dobbiamo però superare l’imbarazzo di essere portati come dei maharaja nonostante il loro evidente sforzo fisico.


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