ALMARINA

di Elisabetta Marini
Valeria Parrella ci regala in questo piccolo libro (poco più di 120 pagine) un lavoro intenso e di grande impatto emotivo.
Spesso si è ritenuto che “Almarina”- con cui l’autrice ha vinto il premio Flaiano ed è entrata nella cinquina dei finalisti del premio Strega nel 2020 – fosse l’opera ispiratrice della fiction di grandissimo successo “Mare fuori”.
La Rai, però, da anni aveva il progetto nel cassetto che ha trovato corpo solo nel 2020, in lieve ritardo rispetto all’uscita del libro nel 2019. In verità oltre alla comune ambientazione nel carcere di Nisida non ci sono altri punti di contatto tra le due opere.
Ma non è solo questa l’assonanza che ho rilevato in questo libro. Numerose sono le analogie tra “Almarina” e “Grande Meraviglia” di Viola Ardone pubblicato nel 2023. Entrambe le autrici sono nate nel napoletano nel 1974, entrambe costruiscono le trame dei loro romanzi incentrate su temi sociali di grande impatto, nei libri di entrambe la città di Napoli entra con forza nel racconto, in entrambi i romanzi l’eroina è una adolescente, vittima di situazioni assurde che l’hanno portata a vivere un mondo distorto dietro i muri e le sbarre di una prigione, ancorché per minorenni, o di un manicomio.
Elisabetta Maiorano è una cinquantenne non in pace con sé stessa, che vive, interiorizzandole, le contraddizioni e le frustrazioni di una vita sentimentale e lavorativa in salita, culminata in una vedovanza improvvisa che l’ha gettata ancor più in una cupa solitudine. Un malessere che affligge da sempre la sua esistenza in una città come Napoli dove la giustizia e la delinquenza, il bello e il brutto, la delicatezza e la volgarità convivono senza soluzione di continuità: d’altra parte – come dice Raffaele La Capria – Napoli ti ferisce a morte o ti addormenta.
Solo quando varca il portone antiproiettile del carcere di Nisida, portone che lei vive come la porticina di Alice – in quel mondo di mezzo – riesce a trovare un po’ di serenità: la porticina di Alice che ti fa piccola o grande dipende da come ci passi. Dipende da quanto sai resistere alla frustrazione di essere inutile. Oppure quanta capacità hai di convincerti che sei utile.
A Nisida, carcere minorile, Elisabetta si reca per insegnare matematica ai giovani detenuti. Non deve fare altro: non intenerirsi, non affezionarsi, non scavare nelle loro vite: Sono io che devo dare, loro solo prendere prendere prendere.
L’isola di Nisida, luogo incantevole che abbraccia il tratto di mare dal Vesuvio all’Italsider, entrambi ora spenti, è come un vascello con Capri davanti, dove l’equipaggio non è mai lo stesso e risulta sempre sconosciuto. I ragazzi a Nisida sono di passaggio. Da maggiorenni verranno trasferiti in altri penitenziari, oppure termineranno la pena o – se si saranno ben comportati – avranno la pena ridotta o la semilibertà. Anche con i sorveglianti e le guardie non c’è familiarità quindi il mondo di Elisabetta dentro Nisida si limita agli altri insegnanti tra cui Aurora, insegnante di lettere, l’unica che attraverso i temi riesce a cogliere brandelli di vita dei ragazzi: …noi ascoltiamo e ci guardiamo senza pena né rabbia né disappunto né orrore né solidarietà né per le vittime né per i carnefici.
Un giorno appare a Nisida Almarina, ragazza abusata e malmenata dal padre, da cui è riuscita a fuggire insieme ad Arban il fratellino di 6 anni, dopo la morte della madre. Ma il viaggio dalla Romania all’Italia è lungo e Almarina l’ha dovuto pagare con ripetute prestazioni sessuali. L’internamento a Nisida, a seguito di un piccolo reato, ha significato per lei un punto di arrivo ma anche di partenza per una nuova vita in Italia, purtroppo rattristata dalle disposizioni del giudice minorile che ha stabilito per Arban l’affido con la proibizione di rivedere la sorella.
Una inattesa alchimia lega da subito le due donne, un desiderio di maternità e di famiglia, che riusciranno infine a coronare.
La scrittura della Parrella è un susseguirsi di frasi sconnesse tra loro, che si avvicendano con velocità, separate spesso solo dal punto a cui segue la lettera minuscola, per spingere il lettore a leggerle in rapida sequenza, con una lieve cadenza dialettale, quasi una cantilena, dalla quale emergono le frasi che evocano momenti della vita di Elisabetta. Così la trama si sviluppa a singhiozzo nei suoi pensieri che si rincorrono e si accavallano.
A volte il lettore incappa in frasi gergali (come: bussare al campanello) che dimostrano con quanta naturalezza e fierezza l’autrice indulga in forme dialettali, necessarie a rafforzare il legame già forte della protagonista con la città di Napoli: Chi pensa che Nisida sia un’aberrazione non conosce la città, e chi pensa che la città sia un’aberrazione non conosce il paese.
Il linguaggio sfilacciato si trasforma in solido e circostanziale nei momenti in cui viene affrontato il tema sociale dell’adozione e quello dell’affido di Almarina ad Elisabetta.
La Parrella non critica l’uomo o la donna magistrati minorili, anzi li definisce persone normali, resi diversi dagli altri solo dalla funzione.
E’ l’iter burocratico, sono le scartoffie, i questionari, il comprimere una vita in un fascicolo, il descrivere una persona con tutte le sue aspirazioni e sogni di vita in un foglio piegato in quattro e messo in una borsa: è la certezza della incongruenza e falsità che da quelle scartoffie finirà per emergere rispetto al vero: Perché ci vuole un sacco di tempo, o una poesia perfetta, per dire davvero le cose come stanno. Ma nonostante la burocrazia Almarina …stava tornando a nascere…lontana dal suo passato, oltre la malattia dell’umanità che l’ha ferita…da dentro il corpo di Almarina in vincoli è uscita Almarina libera.
SCELTI PER TE

Ogni mattina a Jenin, di Susan Abulhawa, Edizioni Feltrinelli, 379 pagine, pubblicato nel 2008
Bellissimo e commovente libro che narra la storia del popolo Palestinese attraverso le vicende della famiglia di Amal (alter ego dell’autrice) dal 1948 al 2008. Interessante leggerlo in questo periodo di conflitto Israeliano – Palestinese, per conoscere l’interpretazione degli eventi storici da parte di una della fazioni in guerra. Per una informazione obiettiva sarà però indispensabile proseguire con la lettura di libri scritti da Israeliani come, per esempio, Giuda di Amos Oz.

Israele e i Palestinesi in poche parole, di Marco Travaglio, PaperFirst, 128 pagine, pubblicato nel 2023.
Consiglio la lettura di questo libretto per chi, come me, ha la curiosità di conoscere i fatti salienti che dal 1947 al 7 ottobre del 2023 hanno contrapposto i due popoli e insanguinato la loro terra. Travaglio non inserisce commenti, sta ai fatti, si limita ad elencare gli avvicendamenti al potere dei premier e dei partiti israeliani, la nascita e le scissioni dell’Olp, le guerre scatenate dalla lega araba contro Israele e le sue velocissime vittorie, i trasferimenti di parte dei palestinesi in Giordania e in Libano e le stragi di Settembre nero e nei campi profughi di Sabra e Shatila lì avvenute ad opera dei governi locali. Un libro di storia contemporanea in formato Bignami con numerose piantine illustrative dei cambiamenti territoriali seguiti a ogni guerra, una ricca bibliografia e un glossario finale.
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