Modì: dal Brasile all’Italia andata e ritorno

di Irene Niosi


Torna in Italia dopo quasi ottanta anni l’autoritratto di Amedeo Modigliani (Livorno 12 luglio 1884 –Parigi 1920) annoverato tra le opere moderne più preziose al mondo, che sin dagli anni Trenta del secolo scorso, suscitò grande interesse da parte del mercato e del collezionismo. Oggi fa parte delle raccolte del Museu de Arte Contemporânea da USP di San Paolo in Brasile. Non è solo Modigliani a tornare, in questo viaggio lo accompagnano altre significative opere di artisti suoi contemporanei e non è un caso che sia Firenze a presentarlo nella mostra “Ritorni. Da Modigliani a Morandi”. Quale occasione migliore per festeggiare i dieci anni di vita del Museo del Novecento se non quella di onorare la memoria di Alberto Della Ragione nella cui collezione figurava per l’appunto il capolavoro di Modì? Un ingegnere umanista a cui viene riconosciuto il merito di aver contribuito al rinnovamento del gusto degli italiani rimasto ancorato alla pittura di fine Ottocento e un precursore delle nuove tendenze colte sul nascere, tra i primi ad accostarsi ad artisti italiani emergenti dei primi anni del Novecento.

Amedeo Modigliani, Autoritratto, 1919, olio su tela, Museo di Arte Contemporanea da USP  Brasile, San Paolo

Per questo duplice anniversario, al nucleo principale di questa collezione considerata tra le maggiori del nostro Novecento, l’autoritratto, protagonista assoluto della mostra fiorentina, eseguito dall’artista un anno prima di morire, si ritrova insieme a molte significative opere che subirono la sua stessa sorte, acquisite da importanti musei e collezioni private, un’occasione unica ritrovarle fianco a fianco, come ad esempio le due composizioni metafisiche della collezione Jucker provenienti dal  Museo del Novecento di Milano, una firmata da Carlo Carrà nel 1917 e una di Giorgio Morandi  del 1919. Così esposti, questi capolavori costituiscono secondo la curatrice Chiara Toti “veri e propri capisaldi, fondamentali per mettere a fuoco quel sistema di valori estetici e etici promosso con forza e generosità dal grande collezionista”, la cui passione per l’arte e il suo attaccamento per le vicende personali degli artisti suoi protetti, racconta una pagina di storia esemplare finita bene, seppur con la perdita proprio dell’opera a lui più cara, l’autoritratto di Modigliani.  A seguito degli eventi drammatici del periodo post bellico, Della Ragione si vide costretto a venderlo, ma lo fece per una giusta causa, per continuare a dare sostegno ai tanti artisti nei quali credeva. Infine nel 1970 per risarcire delle gravi perdite subite con l’alluvione che nel 1966 devastò Firenze, da autentico benefattore e mecenate, donò la sua intera collezione di duecentoquaranta opere al Comune di Firenze, di cui un cospicuo numero, sono divenute dal 2013 il fiore all’occhiello del Museo del Novecento, dove figurano artisti del calibro di Sironi, Severini, De Pisis, De Chirico, Prampolini, Mafai, Morandi, Carrà, Rosai e molti altri tutti celeberrimi. La mostra in corso a Firenze presenta uno spaccato della vita e delle opere di artisti italiani sia per valorizzare l’attività del grande collezionista e al contempo per ricostruire il clima che si respirava nel nostro paese proprio negli anni in cui Modigliani troverà a Parigi “L’Ecole de Paris”, un ambiente artistico cosmopolita, ricchissimo d’interessi. Gli sono accanto i russi Soutine e Chagall, i francesi Rouault e Utrillo, gli italiani Severini e De Pisis. Nonostante la capitale francese offra in quegli anni uno stimolante e continuo variare di nuove istanze, il nostro artista resterà sempre un isolato anche se risentirà dell’influenza delle avanguardie artistiche dalle quali trarrà una sua particolare sintesi. A Montparnasse stringe amicizia con Brancusi insieme al quale scopre l’arcaismo della scultura negra e si appassiona alla forza espressiva e ritmica della linea. Questa esperienza scultorea segna un passaggio fondamentale per l’individuazione costruttiva della linea e una svolta determinante per tutta la sua pittura dopo il 1914. Dall’intensa originalità delle sculture passa successivamente a un rinnovato accostamento a Cézanne, al cubismo e alla stessa elasticità lineare di Matisse. Quando smette di scolpire, la sua tecnica del tutto personale resta volutamente un ibrido tra scultura e pittura. Focalizza la sua attenzione sui ritratti dove la linea disegnativa è duttile e lieve e le superfici smaltate si semplificano sempre più. Il suo interesse è rivolto ai significati sociali, ai simboli, in un mondo che però non corrisponde alla ragione dei suoi sentimenti. Altri suoi compagni vivranno la stessa crisi, i valori dell’Ottocento ormai sono diventati improponibili, ma la ricerca di nuovi è ancora infruttuosa. Negli ultimi anni della sua breve e dolorosa esistenza, trova la via più originale concentrandosi nella verità dei corpi e dei volti di persone di ogni ceto sociale che indaga profondamente,  i suoi nudi che oggi spuntano prezzi da capogiro sul mercato mondiale, saranno malamente interpretati e gli procureranno guai. Al suo autoritratto in cui si mostra di profilo, affida il suo testamento artistico. La linea campisce la curva delle spalle e il volume della testa contro lo sfondo chiaro. Che sia ricurva o appuntita o segmentata è sempre la linea a indirizzare il colore e a definirlo. Disegna il naso, il mento, la bocca, e taglia gli occhi che sembrano abbagliati dalla forza della luce, il volto emaciato ha un tono poco più chiaro della parete, il busto ingobbito mantiene la stessa tonalità della sedia. Le uniche variazioni di colore sono Il fazzoletto bianco che porta al collo e la sua tavolozza. Con la linea suggerisce il volume che viene definito dalla sostanza cromatica. I mezzi espressivi vengono a ridursi al minimo, solo i caratteri somatici sono accentuati e rivelano lo stato d’animo di Modì, la sua sofferenza. Come spesso accade ai grandi, la sua produzione artistica sarà soggetta a subire tante falsificazioni. Per una fortuita coincidenza quest’anno ricorre anche l’anniversario di uno dei più clamorosi falsi passato alla storia come la beffa delle due teste. Correva l’anno 1984 e un altro anniversario – quello per il centenario della nascita di Modigliani- veniva celebrato nella sua città con una mostra, a quanto riportato dalle cronache, realizzata con una modesta quantità di opere. Fu così che a tre ragazzi livornesi  venne l’idea di realizzare col trapano due sculture in pietra che, a pochi giorni di distanza dalla triste inaugurazione, furono ritrovate nel Fosso mediceo. Il resto è storia, molti furono i critici anche illustri, che abboccarono.

Pietro Marrussig, Donna con garofano, 1925, olio su tela, Collezione Privata

Ritorni. Da Modigliani a Morandi, dal 23 marzo al 15 settembre 2024, Firenze, Museo del Novecento

In Copertina: Ardengo Soffici, Natura morta con ventaglio, 1915, tempera su carta ritagliata su cartone da Museo di Arte Contemporanea, Brasile, San Paolo   


mail: ireneniosi@womenlife.it