LA CITTÁ E LE SUE MURA INCERTE

di Elisabetta Marini
Chi ama la letteratura orientale e, in particolare giapponese, non può perdere l’ultimo libro di Murakami, che rappresenta per l’autore il coronamento di 40 anni di esperienze letterarie e di vita. In esso, infatti, riprende e rielabora una trama sviluppata in gioventù in una pubblicazione del cui risultato si è sempre dichiarato insoddisfatto.
Il libro affronta i temi a lui più cari in quanto, in accordo con Borges, anche Murakami ritiene che ogni autore scriva e riscriva continuamente le stesse storie se pur in mille forme diverse. E questi temi sono ritenuti dall’autore talmente universali da scegliere di non attribuire un nome proprio a molti personaggi e di identificare le città con una singola lettera o con una qualifica, come già il titolo ci mostra.
Il significato e la convivenza con il tempo è il primo dei temi: nella città dalle alte mura l’orologio della torre è senza lancette e il tempo è scandito dal succedersi delle stagioni e dall’alternarsi del giorno e della notte. Mentre le stesse azioni si ripetono con monotona quotidianità, senza differenziare un giorno dall’altro.
Il senso frustante e malinconico della perdita è un altro tema. Tutti i personaggi del libro vivono un duro rapporto con il senso di perdita: della propria ombra (metafora della propria coscienza, del senso di sé), dei propri cari, della persona amata.
E ancora l’incomunicabilità, altro tema, – acuita dalle rigide convenzioni sociali giapponesi -, la difficoltà di rapporti interpersonali in particolar modo tra genitori e figli: il giovanissimo M. è un ragazzo forse autistico, interessato solo alla lettura, con formidabile memoria, che vive in un mutismo ostinato.
Il libro è scritto con grande maestria e il lettore percepisce su sé stesso – come fosse un personaggio – la luminosità e la temperatura descritta. Inizialmente il testo è “luminoso” e la prosa di Marukami scorre lieve e fatata – anche se il lettore può essere disturbato dall’ossessiva ripetizione di frasi e concetti – nel descrivere l’amore giovanile tra un diciassettenne e una sedicenne. Un amore assoluto che fa vedere ai giovani protagonisti (e ai lettori) un mondo di luce accecante, armonioso e in pace. In quei luoghi gli unici colori sono i sandali rossi e la borsa gialla della ragazza.
Poi con la scomparsa di lei i toni del racconto si modificano. Restano sempre incolori, ma più scuri, opachi, a significare la cancellazione di tutte le emozioni e dei sentimenti. La vita vissuta in una sorta di grigiore costante per affrontare così, nell’incolore, tutte le fasi della vita senza i picchi di gioia ma anche di dolore.
Il racconto pure si modifica passando dalla realtà, ancorché idilliaca vissuta dai due ragazzi, alla irrealtà della città dalle alte mura – che il ragazzo conosce dai racconti della sua giovane amica – dove è certo di ritrovarla e dove tutto è grigio.
Questo luogo onirico, senza tempo, senza emozioni, dove i pochi abitanti rimasti vivono una vita grama ma tranquilla, è gestita con regole rigide, da cui non si deroga, regole che la stessa città impone. Anche gli unicorni, unici animali presenti, seguono un decalogo preciso. Tutto è codificato secondo ritmi e gesti ben definiti e sempre uguali a sé stessi.
Così il romanzo si snoda tra realtà e sogno, tra concretezza e illusione, tra esperienze realmente vissute e momenti di lettura dei vecchi sogni contenuti in grandi uova nella biblioteca della città dalle alte mura. Lì andrà a lavorare il nostro eroe una volta raggiunta la città, dopo aver percorso i meandri del proprio inconscio con un grande sforzo di volontà. Per accedere alla città accetterà di rinunciare alla autodeterminazione e alla autocoscienza materializzate nella sua ombra. Tutte queste privazioni per l’ossessione di ritrovare la ragazza amata a diciassette anni!
Le alte mura impenetrabili e non scalabili che proteggono la città sembrerebbero impedire la fuga, ma il nostro eroe capirà con fatica che sono incerte, aggirabili attraverso lo stesso enorme sforzo di volontà, la stessa forte determinazione che gli hanno consentito di entrare nella città.
Anche la vita reale del nostro eroe nella piccola città di Z*, dove andrà a dirigere la biblioteca dopo varie vicissitudini, è narrata con un’atmosfera asettica. In essa domina il bianco della neve e dell’aria rarefatta dal freddo. Tutto nella città è gelo e non solo per gli eccessivi eventi metereologici. Le convenzioni sociali giapponesi vi appaiono nella loro rigidità e freddezza. I rapporti tra le persone sono ossequiosi ma lontani, rispettosi degli spazi altrui. Anche lì tra gli umani vivi e reali vige un gelido rigore nei rapporti sostenuto da ferree regole comportamentali. Paradossalmente il solo calore che si percepisce, oltre a quello della stufa a legna presente in entrambi i mondi è l’affettuoso e istintivo rapporto del protagonista con il signor Koyasu :”Una coscienza abbinata a una presenza fisica temporanea”, vale a dire un fantasma.
Il libro, diviso in tre parti, culmina nel terzo capitolo in una fase di ancora maggiore contaminazione tra realtà e sogno, tra persone reali e ombre. A questo punto al lettore spetterà l’onere di trarre le conclusioni di questa trama complessa e aperta. L’autore non dà certezze, non indica una direzione univoca. Racchiude nella narrazione simboli e metafore che ognuno potrà decifrare secondo la propria sensibilità. Narra eventi ancora più sognanti, portandoli a una fine incerta. In un crescendo di indefinito e di inconcluso. Al lettore l’arduo compito di tirare le somme della narrazione seguendo il proprio istinto e i propri sentimenti.
SCELTI PER TE

Bambino, di Marco Balzano, Einaudi editore, 224 pagine, pubblicato nel 2024.
Le Foibe sono contemporaneamente una vergogna e un mistero italiano. Il loro peso storico è stato a lungo minimizzato e quindi i meno attenti ne hanno ignorato l’esistenza per tanto tempo. Ora Marco Balzano, con un libro gradevole, lieve ma di grande sostanza, le narra nella loro drammaticità senza calcare troppo la mano su particolari sgradevoli e impressionanti. E affronta il tema – come sfondo e contestualizzazione storica della trama – in questo libro in cui il nucleo centrale della narrazione ha lo scopo di chiarire la situazione politico militare di Trieste prima e dopo la seconda guerra mondiale. Inizia col narrare l’associazione nel 1920 alle falangi fasciste del giovane protagonista, Mattia Gregori, che ne diventa presto un elemento di particolare malvagità e violenza. Prosegue poi per giungere sino al 1946 quando – dopo il dominio fascista, nazista e jugoslavo – Trieste sta per tornare italiana. Come tutti i libri di questo prolifico autore la narrazione scorre rilassata, misurata, mai roboante anche quando intreccia la trama con eventi storici drammatici. Eventi solitamente trascurati perché appartenenti alla storia locale, che invece Balzano riesuma dopo approfondite ricerche, valorizzandone essenzialmente l’impatto sociale più che quello politico.

Passoscuro, i miei anni tra i bambini del padiglione 8, di Massimo Ammaniti, ed. Bompiani, 180 pagine, pubblicato nel 2022.
Il coinvolgente racconto dell’esperienza del giovane neuropsichiatra infantile Massimo Ammaniti (padre del più noto scrittore Niccolò) nel reparto dei minori irrecuperabili dell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà di Roma e del suo impegno per dare dignità, e un briciolo di normalità, ai piccoli internati prima e durante l’introduzione della legge Basaglia. Con mano lieve l’autore narra la soddisfazione di essere riuscito a ottenere miglioramenti nei comportamenti e nella psiche dei piccoli pazienti, anche nei casi più gravi, e di essere riuscito a gettare il seme dell’innovazione e del rispetto della persona in strutture ossidate in procedure vecchie, immutabili e al limite del disumano.
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