L’ ETERE E LA VIBRAZIONE NEL SILENZIO

di Anna Michela Borracci


Terra, acqua, fuoco e aria sono elementi con cui siamo in contatto tutti i giorni. Ma l’etere? Esiste davvero, come potremmo definirlo? Per gli antichi era la parte più alta, pura e luminosa dello spazio, oltre il limite dell’atmosfera terrestre; per Aristotele il quinto elemento incorruttibile che costituisce i corpi celesti; fino al XIX secolo, la sostanza impalpabile in cui si propaga la luce. La fisica contemporanea ha superato l’idea dell’etere come sostanza, al suo posto si parla di campi quantistici, un vuoto attivo in cui tutto è possibile, che contiene in sé ogni combinazione di realtà che si concretizza nel momento in cui viene osservata. Cosa che ci porta in India, a tanti secoli indietro.

L’etere, Akasha, è il quinto elemento nello yoga, come cinque sono le dita di una mano. Nella concezione orientale, però, l’aspetto sostanziale non è mai stato un punto di partenza, ma un punto di arrivo: tutto, infatti, come nei campi quantistici, è relazione. Chakra, vuol dire mondo, un universo ricchissimo di infinite possibilità combinatorie e connesso con il tutto. La concezione non dualistica del tantra crea una perfetta corrispondenza tra uomo e cosmo e una dialettica degli opposti praticamente infinita. Così dolore e sofferenza hanno al loro opposto il cammino yoga come ricerca della felicità, qui e ora.

Il nome del quinto chakra è Vishuddha. Il suo fiore di loto ha sedici petali. Su di esso sono trascritte otto consonanti impronunciabili senza il potere delle otto vocali corrispondenti. In esso si dissolvono tutti gli altri elementi. Solo chi ha raggiunto una mente illuminata può accedervi, ottenendo una perfetta padronanza sulla natura attraverso l’unione dei cinque elementi e una visione completa del Cosmo. Il suo simbolo geometrico è un cerchio, bianco come la luna piena priva di macchie. L’animale che lo rappresenta, un grande elefante bianco, portatore della conoscenza universale e simbolo del dominio totale di prana. Le sue grandi orecchie indicano saggezza. Il senso corrispondente a questo quinto chakra è l’udito, il più sottile, mentre il suo organo di azione sono le corde vocali attraverso cui articoliamo il linguaggio.

Secondo il pensiero antico, Vishuddha rappresenta la soglia della liberazione a cui giunge chi attinge alla ricchezza del cammino dello Yoga attraverso la padronanza della mente e dei sensi.

In termini più vicini a noi, potremmo definire l’elemento etere come il centro dei nostri pensieri, del discernimento, della capacità di scegliere e distinguere il bene dal male. La sua collocazione simbolica è nello spazio del collo che collega tronco (sede dei processi vitali) e testa (centro di comando e sede della coscienza), cuore e mente. Etere, quando è pienamente realizzato, è riuscire a chiamare le cose con il proprio nome, è ascolto, abilità comunicativa, è trovare la propria voce e lasciarla risuonare libera e chiara. La sua carenza porta ad una difficoltà ad esprimere i propri pensieri se non addirittura a reprimerli (avere un nodo alla gola), il suo eccesso all’incapacità di ascoltare gli altri.

Ma etere non è solo quella chiarezza che diventa parola, dialogo, la volta notturna del nostro cielo interiore in cui brillano le stelle dei nostri alfabeti che ci mettono in comunicazione e ci permettono di esprimerci e far vibrare il silenzio. Etere è anche radice dell’esistenza, prima manifestazione di una nostra intenzione che deve poi realizzarsi tornando verso la terra per trovare una sua dimensione nella realtà. Per realizzare un progetto, dobbiamo prima pensarlo. Quindi se nel percorso di purificazione, che dall’umano risale all’indiviso, Etere è il quinto ed ultimo elemento, porta di accesso all’immanifesto, nel percorso inverso, che dall’unità si divide nel molteplice per concretizzarsi, esso è il primo, in un perfetto gioco di specchi e corrispondenze che collegano l’uomo e il cosmo.

Prenderci cura del mondo dell’etere, vuol dire curare gli irrigidimenti della mente attraverso lo scioglimento dei blocchi psicosomatici al livello del collo. Per farlo non possiamo non prendere in considerazione il respiro clavicolare, che ci purifica dalle tensioni emotive essendo il più vicino alla mente e collegato alla gestualità delle nostre mani.  Attraverso asana specifici che coinvolgono la parte alta del nostro corpo, vertebre cervicali, spalle, braccia, mandibola, comprese le corde vocali, andremo a riportare nel nostro spazio di coscienza zone dimenticate. In modo ancora più profondo, potremo usare tecniche di pranayama per levare dalla gola tutti i blocchi che ci impediscono di far emergere i nostri pensieri liberamente e metterci finalmente in ascolto di quella profonda vibrazione della vita nel silenzio che è l’attimo presente in cui tutto accade.


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