IL TEATRO COME SCONTRO FISICO

di Pino Ammendola


Il palcoscenico, mette in contatto chi ascolta e chi recita, creando quella straordinaria magia che permette a tutti i partecipanti al ‘rito’ di tenere vivi i contenuti essenziali dell’esistenza, perché come dice Nietzsche: “ciò che importa non è la vita, è l’eterna vitalità”. Lo spettacolo di cui voglio parlarvi “Muhammed Ali”, è l’esempio di quanto questa ‘vitalità’ possa essere trasmessa, oserei dire ‘infusa’ fisicamente nello spettatore teatrale. Una pièce anomala, non convenzionale, in qualche modo scandalosa, come dovrebbe essere sempre il teatro secondo Antonin Artaud e secondo il nostro molto più modesto parere. Sul palco un attore e un regista, che sotto gli occhi del pubblico costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. La scena, completamente spoglia, appare subito come un ring, dove uno straordinario Francesco Di Leva (David di Donatello per “Nostalgia” di Mario Martone), si denuda per trasformare il suo corpo in quello di Ali, all’angolo il regista Pino Carbone, dietro un complesso banco di regia, fa da secondo e contemporaneamente da inventore-improvvisatore dell’opera, che sembra letteralmente crearsi sotto i nostri occhi. L’attore fa la corda, saltella, quasi danza con la leggerezza del pugile farfalla e suda, suda copiosamente superando tutti i limiti della finzione scenica rievocando sul palco la storia di questo combattente-poeta. Il suo corpo si trasforma in quel corpo allenato, messo in gioco, osservato, acclamato, un corpo astuto, che sa come eludere i colpi, un corpo pronto, forte, nero, un corpo in ebollizione. Un corpo che fa della differenza una forza, un vanto, un corpo sfidato e osannato a tal punto da diventare una metafora del superamento di ogni limite e della sfida perpetua tra volontà e possibilità. “Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo” grida il personaggio, ma in un gioco metateatrale capiamo che è anche l’attore a gridarlo! Ed eccolo che corre senza sosta da un angolo all’altro del palco, combattendo con sé stesso e il mondo, rincorrendo lui, il personaggio, la sua importanza, le sue parole irriverenti, pesanti e leggere, ma a volte fondamentali. Rincorrendo la sua vita, il suo carisma, la sua sicurezza. Rincorrendo la sua velocità, la sua forza, ma anche la sua infantilità, mostrandoci una faccia di Muhammed Ali tenera e fragile quanto sconosciuta ai più. Il regista-secondo dal suo angolo gli deterge metaforicamente il sudore con brani musicali ed effetti sonori, lo incita al combattimento con lampi di luce, raccontando una complicità reale tra i due che va oltre i ruoli scenici. In tempi così rarefatti, dove il virtuale inganna sempre di più i nostri sensi, finalmente uno spettacolo altamente ‘fisico’ permeato di una ‘materialità’ che ci riporta felicemente a quelle esperienze grotoskiane che tanto hanno svecchiato il nostro teatro, un teatro dove il ‘corpo dell’attore’ nella sua totalità diventa l’elemento fondamentale del rito. Viene così, naturale paragonare il giovane attore partenopeo al grande Ryszard Cieslak, l’indimenticato ‘Principe Costante’ di Jerzy Grotowski. In somma uno spettacolo da inseguire e ‘affrontare’, tenendo bassa la guardia… tanto contro Muhammad Ali non c’è speranza di vincere! Uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva con la regia di Pino Carbone e la drammaturgia a cura di Linda Dalisi.


mail: pinoammendola@womenlife.it