I GRUPPI DI LETTURA: NUOVO FENOMENO SOCIALE

di Elisabetta Marini
INTERVISTA AD ANNAMARIA ANSALONI
Un nuovo fenomeno sociale sempre più frequentemente occupa le pagine dei giornali. Si tratta dei gruppi di lettura che, spontaneamente, nascono in tutta Italia coinvolgendo un grande numero di persone tanto che la Repubblica, attraverso la rubrica Robinson, ne ha lanciato un censimento individuandone in poco tempo più di un migliaio. Sicuramente un dato approssimato per difetto in quanto siamo solo all’inizio della misurazione e dell’analisi di questo fenomeno di aggregazione letteraria.
Ne parliamo con Annamaria Ansaloni, responsabile del gruppo di lettura dell’UPTER (Università popolare per la terza età di Roma), che possiamo definire sicuramente un’esperta oltre che un’antesignana dei gruppi di lettura.
A quando risale la tua prima esperienza nella conduzione di un gruppo?
Per più di trent’anni sono stata docente di ruolo di italiano e storia nella scuola secondaria superiore statale. La mia esperienza con i gruppi di lettura inizia nel 1994, quando insegnavo al “Duca degli Abruzzi” e al “Plinio”, nel centro di Roma, vicino alla stazione Termini. Inizialmente facevo leggere agli studenti – ad integrazione dell’ordinario programma ministeriale – libri di narrativa, che poi discutevamo in classe. Occorre dire che all’epoca i ragazzi leggevano più di ora. La cosa è diventata talmente interessante che abbiamo deciso di ufficializzarla e di incontrarci nel pomeriggio, ogni 15 giorni, nella biblioteca della scuola. Alcuni genitori degli studenti hanno dimostrato da subito interesse verso questo “laboratorio”, in quanto attratti dai romanzi assegnati ai loro figli, e hanno chiesto di partecipare agli incontri. Ed era bellissimo vedere l’adolescente e il genitore trovarsi su un piano paritetico e raccontare ognuno la propria diversissima esperienza. Durante la lettura tutti ci appropriamo di ciò che stiamo leggendo e di conseguenza ne diamo interpretazioni personali differenti e originali.
Ciò significa che, in maniera assolutamente spontanea, il laboratorio si è trasformato in un servizio sociale di avvicinamento e di dialogo tra generazioni?
Esattamente. Ma non solo questo: la notizia del laboratorio di lettura si è diffusa nel quartiere in modo altrettanto spontaneo, attirando nel gruppo anche persone esterne alla scuola come alcuni militari del vicino Stato maggiore dell’Aeronautica, personale del Policlinico “Umberto I”, la farmacista, altri abitanti del quartiere… Il laboratorio si è così trasformato in un servizio utile e aggregante per tutta la zona.
Hai riscontrato una crescita culturale, un aumento di interesse e di curiosità tra i partecipanti al gruppo di lettura che potresti ricondurre proprio alla sua frequentazione e alla interazione con gli altri?
Negli anni il nostro laboratorio – che come dirò a un certo punto si è trasferito all’UPTER – si è ingrandito come numero di partecipanti e, dopo qualche anno di letture dedicate alla narrativa italiana e straniera, abbiamo sentito l’esigenza, sollecitati in questa scelta proprio dagli stessi lettori, di invitare gli autori che leggevamo. Nell’arco degli anni abbiamo ospitato tanti autori, magari alla loro prima opera come Lia Levi, o già conosciuti come Ugo Riccarelli e Romana Petri, divenuti poi molto famosi. Con il tempo abbiamo inserito anche letture classiche e, per dare spazio anche alla narrativa internazionale così da gettare uno sguardo fuori dal nostro paese, siamo riusciti a invitare almeno una volta all’anno autori stranieri. Abbiamo ospitato autori albanesi, kossovari, statunitensi… Alcune volte, proprio per seguire le richieste del gruppo, abbiamo fatto focus specifici su una nazione leggendo per un anno libri cinesi o sudamericani.
Gli autori partecipano con interesse a questi incontri?
L’autore spesso rimane positivamente stupito dalle domande dei lettori. Alcune volte quasi spiazzato, per le osservazioni che vengono fatte sul suo romanzo perché nello scrivere non si era reso conto delle differenti sfaccettature e chiavi di lettura che il suo scritto poteva avere.
Quindi ritieni che l’autore ami di più partecipare alle riunioni dei gruppi o laboratori di lettura che alle presentazioni del proprio libro?
Nei gruppi di lettura l’autore incontra persone che hanno letto il suo romanzo, che hanno sottolineato con la matita il testo e che indicano la pagina in cui hanno trovato le metafore, i riferimenti o i rimandi letterari che lo scrittore ha magari usato inconsciamente perché fanno parte del mondo letterario che ha dentro di sé, gli fanno domande a volte molto profonde e incisive. Questo lo gratifica e lo attrae, tanto che spesso il rapporto si inverte ed è lo stesso scrittore a chiedere di essere ospitato nel gruppo, oltre poi a crearsi dei veri rapporti di amicizia e di affetto.
Una volta si riteneva che la lettura fosse qualcosa di “intimo” un momento di distacco dal proprio vissuto per farsi trasportare dall’autore in un mondo diverso, in cui le sensazioni percepite attraverso la lettura erano una questione privata e personale. Possiamo dire che nel gruppo, invece, questa situazione viene capovolta grazie alla condivisione delle proprie sensazioni e all’ascolto di quelle degli altri?
Certamente la partecipazione al gruppo facilita i cambiamenti psicologici. Dopo tante letture selezionate, i lettori non sono più “ingenui”. Con il tempo riescono a tirare fuori quella sensibilità che ognuno ha in sé ma che non sa far emergere se non ha un gruppo con cui condividere e confrontarsi e una persona che lo instrada verso la ricerca e l’apertura della propria chiave di lettura. Si dice che il libro non è dell’autore ma di chi lo legge e nelle discussioni emergono molteplici interpretazioni frutto di esperienze diverse, di interessi e opinioni personali, derivate anche dalle letture fatte.
Ma a tuo avviso il lettore cerca qualcosa nei gruppi? Quale è il valore aggiunto che ottiene nel condividere il proprio giudizio su un romanzo?
Non c’è dubbio che la discussione nel gruppo di lettura, fra persone che quasi tutte hanno già letto il libro e ci hanno ragionato – confronto guidato da una persona esperta e spesso arricchito dalla presenza dell’autore – consente a ciascuno di confrontare la propria chiave di lettura, la propria interpretazione con quelle degli altri, di scoprire come un certo contesto, un certo personaggio si prestano a letture e interpretazioni diverse e originali, di cogliere nessi e relazioni impensati (anche dallo stesso autore!) con altre opere e altri autori. Negli interventi, che mi sorprendono ogni volta per la libertà, la varietà e la profondità, sono frequenti, poi, le connessioni che le persone stabiliscono fra l’opera letteraria e il proprio vissuto.
Hai notato delle diversità tra i tuoi giovanissimi lettori e i loro colleghi adulti?
Sì, soprattutto negli interessi. I miei giovani allievi erano più orientati alla narrativa legata alla preparazione per la maturità. Amavano in genere leggere la letteratura americana, Faulkner o John Fante. Ora, per fortuna, i giovani sono tornati a leggere; qualche anno fa leggevano di meno. C’è stato un andamento sinusoidale. Ora leggono altre cose rispetto agli adulti. Amano autori giovani.
E quando hai terminato la tua attività di insegnamento cosa è stato di questo laboratorio letterario così attivo e numeroso?
Non ho abbandonato i miei lettori, con cui eravamo cresciuti insieme e nel trasferirmi all’UPTER molti di loro mi hanno seguita. Una parte consistente dell’attuale gruppo è composta dai genitori dei miei ex allievi, ai quali ogni anno si aggiungono 4/5 nuove presenze.
Ritieni che ci sia uno sbilanciamento tra generi nella composizione dei gruppi di lettura?
Le donne, in generale, leggono sempre di più. Io faccio sempre questo esempio: in autobus o in metropolitana è sempre una donna che tira fuori un libro, ben difficilmente un uomo o un ragazzo!
