DOVE NON MI HAI PORTATA

di Elisabetta Marini
Il Premio Strega 2023 è stato assegnato, postumo, ad Ada D’Adamo con “Come d’aria”. Fra i cinque finalisti, però, vi voglio segnalare “Dove non mi hai portata” di Maria Grazia Calandrone, un unicum da non perdere.
La Calandrone, che ho avuto la fortuna di ospitare recentemente nel mio gruppo di lettura – nonostante il serrato calendario dei suoi incontri con le giurie del premio Strega – è una persona determinata, e con spirito analitico ha indagato non tanto le cause che portarono i suoi genitori al suicidio quanto le modalità che scelsero perché il suo abbandono divenisse un caso mediatico, pianificando così anche il suo futuro.
Questo libro desidera essere opera di trascrizione e testimonianza dell’energia indelebile delle cose…perché le cose esistono e hanno una voce chiara. Per capirle, basta osservare i fatti, senza sovrapporre ai fatti nessuna intelligenza umana.
Questo l’approccio che Maria Grazia Calandrone ha scelto di utilizzare per analizzare gli eventi che hanno segnato la sua vita. Abbandonata nel 1965 a otto mesi dai genitori – Lucia contadina di 29 anni e Giuseppe capomastro di 56 anni – a villa Borghese sarà adottata da una coppia borghese, dopo che i suoi genitori naturali avevano scelto di morire nel Tevere.
Questo libro autobiografico non narra i traumi e i segni che un abbandono genitoriale può lasciare nella psiche e nello spirito di una bimba. Non evidenzia la difficoltà del figlio sopravvissuto di comprendere e convivere per tutta la vita con il suicidio dei propri genitori. Non grida accuse verso “le leggi irrazionali e ridicole dell’epoca” né verso le convenzioni sociali che determinavano una “stagione di confine tra arretratezza ottusa e intelligenza morale”.
Al contrario Maria Grazia Calandrone con una pacatezza quasi trascendente e con un approccio da detective indaga, analizza, cerca, si confronta, studia quei pochi e piccoli brandelli di vita dei sui genitori che riesce a strappare dagli articoli dei giornali e dalle poche cose appartenute a Lucia, che la polizia le restituisce.
Il risultato di questo minuzioso lavoro è la totale pacificazione con tutta la vicenda che da orribile e innaturale gesto egoistico e scellerato (come venne supposto dalla stampa) si trasforma, tassello dopo tassello, in un incommensurabile gesto d’amore di cui l’autrice va, giustamente, orgogliosa.
Nulla in questo abbandono è lasciato al caso: l’età della bimba, non più lattante, ancora senza coscienza di sé ma già in grado di interagire; la scelta di Roma perché a Milano, dove la famigliola viveva, “gli emigranti che arrivano dal sud vengono sversati come scorie radioattive in discariche sociali ultraperiferiche, pullulanti di casette abusive; il prato retrostante l’ingresso monumentale di villa Borghese invece di un convento o un ospedale dove la bimba sarebbe stata un numero nel mucchio dei bimbi “con condizioni scadenti di nascita”; la lettera al giornale “l’Unità” scritta dal padre con le generalità della bimba e con l’annuncio, rassegnato e senza alcuna rabbia, della loro prossima morte come unica soluzione alle proprie scelte di vita, “giuste o sbagliate”.
Tutti questi elementi contribuiscono a creare un vero caso mediatico. Intorno a Maria Grazia cresce un’ondata di solidarietà che culminerà con oltre 50 domande di adozione.
E in mezzo a questa storia: lei, Maria Grazia, figlia del peccato, “lavorata dai servizi sociali” subito dopo la nascita perché riconosciuta da un solo genitore; Lucia, ricercata con l’accusa penale (rischiava due anni di prigione) di abbandono del tetto coniugale e di adulterio per aver lasciato un marito con cui non aveva mai avuto rapporti sessuali e che la picchiava; Giuseppe, un bravo uomo e un lavoratore, che dopo la guerra d’Africa e la prigionia, cerca di trarre dalla vita qualche gioia. E poi tanti altri personaggi con le loro storie drammatiche tra povertà economica e pochezza spirituale e culturale sullo sfondo di una Italietta di provincia ancora intenta e leccarsi le ferite della guerra e ancora non lanciata nella corsa verso la modernità e il futuro.
Maria Grazia è però una bimba forte, equilibrata.
La sua vita nella famiglia Calandrone la formerà culturalmente e psicologicamente. Diventerà poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, conduttrice e autrice Rai.
Conviverà con questo difficile passato fino a giungere, una volta madre, alla decisione di indagare sulle scelte dei suoi genitori naturali. Allora un nuovo sentimento le riempirà la vita: l’orgoglio e le fierezza di essere figlia di genitori lungimiranti e intelligenti che pur di darle un futuro migliore non avevano esitato a rinunciare a lei e alla loro stessa vita.
E a fine libro ringrazierà le sue due madri: “Consolazione, che mi ha dato le parole per dire di Lucia e una casa dove scriverle; e… Lucia, per avere voluto, difeso e immaginato questa mia vita”
SCELTI PER TE

Il treno dei bambini, Viola Ardone, Ed. Einaudi, 200 pagine, pubblicato nel 2019
Basato su un evento vero, immagina la storia di uno scugnizzo di 7 anni, Amerigo, entrato nel 1946 insieme a molti altri bambini in un programma del PCI che prevedeva l’inserimento per molti mesi di bimbi Napoletani, in condizioni economiche e culturali svantaggiate, in famiglie del nord Italia.
Narra la difficoltà del distacco dalla realtà napoletana ma ancor più la grande difficoltà del ritorno.

La vita davanti a sé, Romain Gary, Ed.Rizzoli, 214 pagine, pubblicato nel 1976
Storia del forte legame affettivo nato dalla solitudine di Madame Rosa – una vecchia ebrea scampata a Auschwitz che ospitava a pagamento i figli delle prostitute – e di Momò, di origini arabe, affidatole da piccolissimo dai genitori prima di scomparire. Con loro interagiscono alcuni personaggi stravaganti e trasgressivi che popolano una degradata banlieue parigina. Da questo libro sono stati tratti film e opere teatrali.
mail: elisabettamarini@womenlife.it