VIS-A-VIS CON URBANO BARBERINI

di Chiara Montenero
Urbano Barberini è una figura poliedrica che incarna l’essenza della creatività nel panorama culturale contemporaneo. Nato in una famiglia aristocratica, ha saputo coniugare il suo passato nobile con una carriera brillante nel mondo dello spettacolo e della letteratura. Attore di successo, come scrittore ha dimostrato una profonda sensibilità e un talento insospettato nel trasmettere emozioni raccontando la storia della sua famiglia e dei suoi importanti protagonisti. In questa intervista, esploreremo il suo percorso artistico, le sfide affrontate lungo il cammino e le ispirazioni che guidano il suo lavoro.
Cosa ti ha portato a scegliere la recitazione come professione? Ci sono stati momenti chiave nella tua vita che hanno segnato questa decisione?
All’inizio ero completamente negato! Il mio primo film era in realtà uno “sceneggiato”, come venivano chiamate allora le fiction televisive. Conobbi il regista Duccio Tessari a una festa al Grand Hotel il quale, vedendomi spigliato, belloccio e ben educato mi chiese se sapessi recitare e io mentii spudoratamente pur di ottenere la parte. In realtà cercavo in tutti i modi di guadagnare dei soldi per rendermi indipendente dalla mia famiglia che ritenevo un luogo pericoloso perché stavo vivendo un momento molto doloroso a causa del divorzio difficile dei miei genitori. Tessari mi diede la parte convinto che io fossi un buon attore, ma prese un grosso abbaglio. All’epoca non facevano i provini e io mi ritrovai sul set con attori del calibro di Massimo Ranieri, Mattia Sbragia, Tullio Solenghi e il primo giorno di riprese ebbi un vero e proprio attacco di panico. Non riuscivo a parlare, né a muovermi, rovesciai oggetti inciampando nei fili elettrici, tutte quelle cose tipiche di chi non si sa gestire fisicamente. In una scena dovevo baciare la mano a Barbara Nascimbene, ma la baciai a Ranieri, morale: 20 ciak! In un’altra scena dovevo accompagnare mia moglie su per la scala di pietra della nostra villa sul lago di Como. Aveva nevicato e, avendo le suole di cuoio, iniziai a scivolare e per non cadere mi aggrappai al collo di volpe del mantello della Nascimbene, donna robusta, ma che cadde insieme a me fratturandosi tre costole. Le riprese si bloccarono per tre settimane! Il mio inizio fu alquanto maldestro, ma non a causa delle mie origini aristocratiche (a nessuno importava), ma solo perché non avevo alcuna preparazione e la mia era semplice improvvisazione. Una persona con un minimo di amor proprio avrebbe abbandonato l’idea di fare l’attore, ma io sono tenace e ho perseverato studiando molto e inciampando abbastanza fino a diventare un bravo attore. Ho fatto compagnia con Franca Valeri per venticinque anni e ho recitato in sessanta film tra televisione e cinema.
Qual è stato il ruolo più significativo che hai interpretato e perché?
Ogni personaggio che ho interpretato mi ha dato qualcosa d’importante, ma gli spettacoli che hanno rappresentato per me delle vere svolte sono stati quelli del mio debutto, Sulle Spine e Mal di Madre con Franca Valeri perché hanno tirato fuori la mia personalità di allora, piena di rancore e di senso della vendetta, con ironia grottesca e tragicomicità. In Sulle Spine faccio strage della mia famiglia e del mio psicanalista, una sorta di Riccardo III pop. Il teatro dovrebbe essere anche catartico.


Raccontaci del tuo romanzo La bellezza nel destino. Le api, il principe, l’eredità di famiglia, edito da Sperling & Kupfer…
Il libro inizia con Maffeo Barberini, che nel 1623 diventa Papa Urbano VIII e regna per circa vent’anni, cercando di ripristinare l’importanza di Roma contribuendo a dar vita alla rivoluzione culturale nota come Barocco sostenendo i migliori artisti dell’epoca, come Gian Lorenzo Bernini, il suo preferito, insieme a Francesco Borromini, incoraggiandoli a esprimere liberamente la loro creatività. Il legame con Bernini fu profondo, quasi come quello di un padre con un figlio mai avuto, e lui affidò a Bernini la realizzazione della sua visione culturale. Potremmo definire Urbano VIII come un grande produttore, un regista d’eccezione e un abilissimo pubblicitario. Pensiamo, ad esempio, all’aver trasformato gli orrendi tafani dello stemma della sua famiglia in splendide api.
Il Teatro è la tua grande passione, tu stesso hai affermato che è la tua casa. Nel tuo nuovo spettacolo Barbari, Barberini e barbiturici non sei solo protagonista, ma anche autore…
Il nuovo spettacolo, scritto in collaborazione con Daniele Falleri, è un’autobiografia tragicomica molto intima, senza remore, e profondamente liberatoria. Questo aspetto è stato evidente anche per il pubblico e la critica, che hanno accolto lo spettacolo con entusiasmo e risate. Torneremo in scena dal 4 novembre prossimo all’Off Off Theatre di Roma.

Quanto sono importanti l’amore e la famiglia nella tua vita quotidiana?
Oggi sono la cosa più importante della mia vita. Sono diventato padre a 57 anni, ma ne sono felice perché ho superato tutti i traumi subiti nella mia infanzia e adolescenza e finalmente sono libero di amare a cuore aperto mio figlio, mia moglie e mia madre.
Quale la prima cosa che fai al risveglio e quale prima di dormire?
Io mi sveglio prima dell’alba pertanto faccio il mio saluto al sole e qualche esercizio di yoga e poi bevo il mio tè con il miele prodotto dalla nostra tenuta. Prima di dormire ascolto un podcast di storia di Barbero o di Canfora.
https://it.wikipedia.org/wiki/Urbano_Barberini

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