MIMNERMO

di Andrea Simi
Nei giorni scorsi è uscito un mio piccolo libro (Mimnermo e la perduta estate, Palombi editori, Roma, 2025). Benché si tratti di un’operina di carattere soprattutto narrativo e di fantasia – che quindi esula dal contenuto tipico di una rubrica tutta dedicata alla poesia – ho deciso di parlarne qui, per i lettori di Womenlife, in quanto ciò mi dà il destro per compiere un grande salto all’indietro nel tempo, di ventisette secoli, e nello spazio, fin sulla costa egea di quella che oggi è la Turchia, allora una colonia greca, per far loro incontrare uno dei primi lirici greci
Mimnermo è stato un poeta grande, che ha cantato elegie nei simposi sul finire del settimo secolo prima di Cristo. Dalle testimonianze degli antichi risulta che abbia composto due poemi, “Smirneide” e “Nannò”, in distici elegiaci più altre opere minori; qualcuna, forse, anche in giambi. Di tutta questa produzione sono giunti fino a noi solo poco più di una ventina di frammenti – non calcolando quelli di dubbia attribuzione – in massima parte riportati nelle opere di autori successivi.
Sappiamo che era originario di Smirne o di Colofone, entrambe città greche sulla costa dell’Asia minore, che Nannò, auletra – cioè suonatrice di flauto – lo accompagnava ed era con molta probabilità anche la sua amante e che ha avuto uno scambio di versi con Solone, col quale potrebbe anche essersi conosciuto di persona. Il resto è la sua poesia: rimpianto di giovinezza fugace, emozioni, passione, depressione.
Tradurre nella nostra lingua quel poco che rimane della sua opera è stata per me certamente una fatica, ma anche una emozione forte, come è ancora forte e attuale, tanto tempo dopo, la sua poesia: intensa, immersa nel piacere di vivere ma, al contempo, intrisa di quel pessimismo cosmico che risuona anche nei versi del poeta di Recanati che, fra l’altro, era finissimo grecista. Per questo ho scelto di far incontrare ai lettori che non lo conoscono, o ne conservano solo una sbiadita memoria di liceo, questa straordinaria e modernissima figura di poeta.
Qui di seguito riporto la mia versione di alcuni dei suoi versi più celebri, tutti legati al tema principale dell’inesorabile fluire del tempo: la quotidiana fatica del sole che percorre il cielo; la consapevolezza di quanto è breve e preziosa la giovinezza; la caducità del destino e l’abisso della vecchiaia ma – più di ogni altra cosa – la tenerezza e l’amore, “fiori avidi di gioventù”, il cui destino è comunque segnato.
Il Sole ebbe in sorte
fatica ogni giorno e non c’è
riposo per i cavalli e per lui da che
Aurora dita di rosa
Oceano lascia e sale in cielo.
A pelo d’acqua lo porta
sull’onda l’amato letto
dalle mani di Efesto forgiato
in oro prezioso, alato
mentre tranquillo dorme
dal paese delle Esperidi alla terra
degli Etiopi dove carro
e cavalli aspettano finché
la nuova Aurora viene.
Là monta
Sull’altro suo carro
Il figlio di Iperione.
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Che vita, che piacere senza
Afrodite d’oro? Che muoia quando
non vorrò più
segreto amore e dolci doni
e il letto, quei fiori
avidi che gioventù cresce
per uomini e donne; ma quando
arriva la vecchiaia penosa, che rende
l’uomo bello simile al brutto
sempre sul cuore premono
affanni maligni e neppure
s’allegra a guardare
lo splendere del sole
ma è inviso ai ragazzi, dalle donne
sdegnato. Così triste
volle un dio la vecchiaia…
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Ma breve come un sogno
passa la gioventù preziosa : la triste
turpe vecchiaia d’un tratto
sulla testa pende
nemica e senza onore, rende
l’uomo irriconoscibile,
vela gli occhi e la mente avvolge…
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Noi, come le foglie
spinge la stagione
fiorita di primavera, quando subito
crescono ai raggi
del sole, come quelle
per poco tempo dei fiori
di gioventù godiamo, e dagli dei
non sappiamo né il bene
né il male. E nere
le Chere incombono, l’una
tiene il capo di una triste vecchiaia
e l’altra di morte.
Ha vita breve il frutto
di gioventù, quanto
sulla terra si spande il sole. E quando passa
la fine di questa stagione, allora
meglio morire che vivere.
Brutte cose premono l’anima, a uno
va in rovina la casa e la sua
è una povera vita,
un altro è senza figli e mentre
molto li desidera
se ne va sotterra, all’Ade.
Un altro ha un malanno
che l’anima rode, e non c’è
un uomo cui Zeus
non dia molti mali.
mail: andreasimi@womenlife.it