LA TRAMA FENICIA: WES ANDERSON E IL GIOCO SERIO DEL CINEMA

di Alessandra Mattirolo


Chi ha voluto vedere in Zsa-Zsa Korda, il protagonista dell’ultimo film di Wes Anderson, un mix tra

Trump, Musk  e anche un po’ di Murdoch non si  sbaglia.

La pellicola presentata in concorso a Cannes il 18 maggio scorso e uscito in Italia il 28 maggio è forse, nella sua maniera surreale, il film più politico e anti americano del regista texano.

Korda, alias Benicio Del Toro è un mega magnate che sopravvive ad un numero infinito di inverosimili attentati, uscendo illeso, con solo qualche osso rotto e un paio di cerotti qui e là, da incidenti aerei, esplosioni, attentati di ogni sorta. Ambientato negli anni 50 in una regione immaginaria del Medio Oriente- chiamata Fenicia- Korda decide di designare come sua unica erede la figlia Liesl (Mia Threapleton figlia di Kate Winslet) una novizia con rossetto scarlatto che fuma la pipa e vuole prendere i voti. Non importa se i due non si vedono da anni e se a pretendere l’eredità di Korda ci sono altri 8 fratelli. Liesl in realtà non ha alcun trasporto verso il padre anzi avrebbe scelto di vivere lontana da tutto ciò che il padre rappresenta.

Attorno a questa bizzarra scelta ruota una costellazione di personaggi – spie, rivoluzionari, funzionari corrotti – che trasforma la narrazione in una specie di spy story dal sapore retro, con tante trovate visive tipiche della filmografia di Anderson. Come già in The French Dispatch e Grand Budapest Hotel, si ritrovano anche ne La trama fenicia , tutte le simmetrie ossessive, i colori pastello e le scenografie curate al millimetro. I costumi raffinatissimi sono firmati dall’itraliana Milena Canonero.

Come sempre il cast è stellare. Ci sono Scarlett Johansson, Tom Hanks, Benedict Cumberbatch, Michael Cera. Una sorta di girotondo non sempre comprensibile dove si ha l’impressione che al regista non interessi troppo seguire una trama quanto inventare dei mondi. Alla conferenza stampa di presentazione a Cannes Benicio Del Toro, ha definito il suo personaggio “un clown tragico, un uomo che vuole diventare Dio ma non riesce nemmeno a capire sua figlia”.

La “Fenicia” è un chiaro simbolo geopolitico: una terra inventata, ma non così lontana da conflitti reali. Lì Korda vuole costruire un’opera colossale, una diga che cambierà per sempre gli equilibri economici e ambientali della regione. Ma ciò che Anderson mostra è il lato farsesco della hybris capitalista: un’avidità che non si accontenta mai, che devasta, che uccide anche per errore – ma sempre con il sorriso sulle labbra e un vestito ben stirato.

Non tutto però funziona. L’eccesso di sottotrame confonde lo spettatore, la presenza un po’ troppo caricaturale di decine di personaggi , gli ambienti pastello ricordano troppo la filmografia precedente di Anderson. Si ha l’impressione di vedere un po’ sempre lo stesso film. Il finale a sorpresa fa fare tuttavia al film un salto mortale. Anderson dopo aver esasperato i lati estremi di un capitalismo senza scrupoli termina con un elogio della vita modesta e dignitosa, una sorta di appello ai plutocrati che stanno facendo fortuna quando il mondo va in pezzi perché alla fine, sembra dirci il regista, non resta altra soddifsfazione per l’essere umano che quella di sentirsi amato anche senza fortuna e ricchezze.


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