INTERVISTA A CHIARA GRASSO, L’ETOLOGA CHE RACCONTA IL RISPETTO PER LA NATURA

di Madia Mauro
Chiara Grasso, etologa, divulgatrice e giornalista esperta di educazione ambientale e turismo sostenibile, ha fondato ed è presidentessa dell’associazione scientifica di tutela faunistica Eticoscienza. Il suo amore per l’Africa e per la natura l’ha portata a specializzarsi come guida safari in Sudafrica e guida naturalistica in Italia, perché crede che proprio nel turismo ci sia la chiave per aprire la porta della consapevolezza ambientale. Gestisce una struttura eco-turistica e centro educativo in mezzo al bosco, dove vive insieme alla figlia Gaia, al compagno Christian e agli animali che hanno salvato da maltrattamenti, allevamenti e macelli.
Ideatrice e voce del podcast “I racconti dell’etologa”, ha scritto Viaggia green nella natura (Edizioni Sonda, 2021), Brutti sporchi e cattivi, ma utilissimi (Edizioni Lindau, 2021) e Una famiglia bestiale. Storie e legami dal mondo animale (Macadamia, 2024). Il suo ultimo libro è Il tasso e la bambina (Aboca, 2025).
Chiara, perché è così importante conoscere e rispettare il mondo animale?
Conoscere e rispettare il mondo animale non è solo una questione etica, ma anche ecologica e culturale. Gli animali non sono solo “altro da noi”: partendo dal presupposto che noi siamo animali e gli animali sono come noi, capiamo che loro sono parte integrante degli ecosistemi di cui anche l’essere umano fa parte. Quando impariamo a conoscerli davvero, ci rendiamo conto che ogni specie ha un ruolo insostituibile nel mantenimento degli equilibri naturali, e che la loro scomparsa ha conseguenze dirette anche sulla nostra salute, sicurezza e qualità della vita.
Il rispetto nasce dalla conoscenza: non si può amare ciò che non si conosce, e non si protegge ciò che si teme o si considera inferiore. Insegnare alle piccole persone (e ricordarlo agli adulti) che gli animali non esistono “per noi” ma “con noi” è il primo passo verso una nuova forma di convivenza, più giusta, più empatica e sostenibile.
Sei una giornalista e divulgatrice impegnata da anni in iniziative di educazione ambientale. Nei tuoi racconti e sui seguitissimi canali social denunci i rischi provocati dall’uomo e proponi spunti di riflessione. Quali sono le reazioni più frequenti?
Negli anni ho potuto vedere con i miei occhi quanto la divulgazione possa smuovere, ispirare e a volte persino cambiare vite. Molti “megafoni”, io chiamo così la mia community, proprio perché amplificano la mia voce e la fanno arrivare lontano, mi scrivono per raccontarmi che, dopo aver letto un mio post o visto un mio video, hanno iniziato a riflettere sui loro comportamenti. Magari hanno smesso di andare agli spettacoli dei circhi con animali, tagliare l’erba, alimentare i selvatici, vedere certi film o scegliere attività turistiche poco sostenibili, dal nuotare con i delfini al lavare gli elefanti. Ad alcuni è passata la paura degli insetti, ad altri quella trasmessa del lupo o dell’orso, c’è chi ha iniziato a guardare con altri occhi i serpenti e chi ha provato a fare nuovi giochi più etici con il proprio cane. Tante famiglie hanno iniziato a far camminare scalzi i loro figli e le loro figlie sui prati e c’è chi ha cominciato a fare battaglie per difendere il proprio bosco dai cacciatori. Insomma, credo che il vero valore della divulgazione sia di ispirare e lanciare semini di consapevolezza, che sia con un video, con un libro, un podcast o un articolo sul giornale. Credo che ci sia un gran bisogno di verità raccontata con rispetto e io, da sempre, racconto i miei errori, le mie sconfitte, i miei sbagli, portando la quotidianità della mia vita rurale anche sui social.

Stiamo assistendo a un fallimento della politica internazionale ai danni della cooperazione globale su clima. In che modo si dovrebbe favorire la tutela ambientale e rafforzare gli sforzi?
Il fallimento non è solo politico, ma sistemico: viviamo ancora in un modello economico che mette il profitto al di sopra del benessere del pianeta e dei suoi abitanti. Serve un cambiamento radicale, che parta da una nuova visione del mondo in cui la natura non sia più vista come risorsa da sfruttare ma come risorsa da rispettare.
Per farlo, occorrono politiche climatiche vincolanti, una governance ambientale globale realmente efficace, ma anche investimenti strutturali in educazione ecologica, ricerca scientifica e giustizia sociale. La lotta alla crisi climatica non può prescindere dall’equità: chi ha meno responsabilità nel causare il problema è spesso chi ne subisce di più le conseguenze.
Non da meno, è fondamentale che i cittadini siano coinvolti e informati. La pressione dell’opinione pubblica può costringere le istituzioni ad agire. La tutela dell’ambiente non è una delega ai “tecnici”: è una responsabilità collettiva, che parte dalle scelte individuali e arriva alle agende internazionali. Se tanto ci spaventa il cambiamento climatico, iniziamo a guardare quello che abbiamo nel piatto: molto parte da lì.
Nel tuo ultimo libro per bambini, Il Tasso e la bambina, racconti l’importanza di una convivenza sana e rispettosa con gli animali selvatici, tema quantomai attuale.
“Il Tasso e la bambina” nasce da una domanda che mi accompagna da anni: come possiamo insegnare ai bambini e alle bambine ad amare la natura senza volerla possedere? Viviamo in un’epoca in cui la narrazione sugli animali è spesso distorta: o li umanizziamo come fossero personaggi da cartone animato, oppure li temiamo come minacce da allontanare. Entrambe queste visioni sono pericolose perché ci allontanano dalla realtà: gli animali selvatici non sono né amici né nemici, sono esseri viventi con esigenze, bisogni e comportamenti propri…che noi dobbiamo rispettare, per amarli davvero.
Nel libro ho voluto raccontare la storia di un ecosistema in disequilibrio per colpa degli umani…che alimentano la fauna selvatica. Ed ecco che gli animali perdono la loro capacità di svolgere il loro ruolo ecologico e il bosco va in frantumi. Papà tasso, vecchia volpe e Bambina sono gli unici ad accorgersi di quello che sta succedendo e cercano di risolvere il problema. È una storia che parla di rispetto per la fauna selvatica, a distanza. E le piccole lettrici e i piccoli lettori li capiscono al volo, perché hanno un’intelligenza emotiva potentissima. Dobbiamo solo imparare a fidarci di loro e offrire strumenti narrativi che non banalizzino la complessità del mondo naturale.

Da mamma e in vista delle imminenti vacanze al mare, in montagna o nelle località turistiche, quale messaggio rivolgeresti ai genitori che ci leggono sui comportamenti corretti e consapevoli da adottare?
Le vacanze sono momenti preziosi non solo per riposarsi, ma per riconnettersi alla natura e trasmettere ai nostri figli e alle nostre figlie valori fondamentali. Come genitori, abbiamo il compito di offrire esperienze che nutrano la curiosità, il rispetto e l’osservazione consapevole. Che sia al mare, in montagna o in città, ogni ambiente ha regole ecologiche da rispettare: non calpestare le dune, non raccogliere fiori, non giocare con animali marini come fossero biglie, non lasciare rifiuti nei boschi, non disturbare i nidi o le tane.
Spesso crediamo che un bambino debba “toccare per capire”, ma il vero apprendimento nasce anche dal saper guardare senza invadere, dal comprendere che la natura ha bisogno di spazio e silenzio. Questo vale anche in città: imparare a osservare gli uccelli sui tetti, le formiche nei marciapiedi, le piante spontanee che crescono tra le crepe. Non servono grandi viaggi per educare allo stupore, ma uno sguardo nuovo, condiviso. Il mio consiglio è: fate domande insieme alle vostre piccole persone, lasciate che siano loro a scoprire e guidarvi. E ricordate che il miglior insegnamento è sempre l’esempio.


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