GRANDE MERAVIGLIA

di Elisabetta Marini


Viola Ardone con il suo ultimo libro torna ad affrontare un tema sociale e questa volta ne sceglie uno di tale peso d’aver spaccato l’opinione pubblica e d’aver influito in modo determinante – e in alcuni casi devastante – sulla vita di molte persone.
La prima opera di questo filone è stata “Il treno dei bambini” del 2019, successo internazionale tradotto in 30 lingue. (Ne ho consigliato la lettura nella rubrica SCELTI PER TE nel N° 3 di questa rivista). Vi si racconta l’esperienza di uno scugnizzo selezionato, negli anni 50, per una breve integrazione in famiglie dell’Emilia Romagna. Evento ricordato anche in questo ultimo libro.

Ha proseguito poi con “Olivia Denaro” in cui narra la ricerca della libertà da parte di una ragazza siciliana negli anni 60 – libertà dalle restrizioni educative imposte dalla famiglia e dal matrimonio riparatore imposto dalla società.

Per giungere ora con “Grande Meraviglia” a focalizzare la sua attenzione sulla confusione seguita alla chiusura dei manicomi. Evento che scombinò la vita di tanti malati e di ancor più famiglie.
Stiamo parlando della legge del 1978 fortissimamente voluta dallo psichiatra Basaglia e dai suoi discepoli, psichiatri cresciuti nel pieno affermarsi della psicanalisi e formatisi nel rispetto della malattia e del malato.
L’impatto di questa legge fu grande e provocò pesanti ripercussioni dentro e fuori le strutture manicomiali.
Il protagonista del libro, Fausto Meraviglia, è un dottorino infervorato dalle novità che stanno modernizzando la psichiatria che trova sul suo cammino il dott. Colavolpe, primario del manicomio Fascione di Napoli.
Due mondi che si scontrano e che reagiscono con reciproci eccessi: di illimitata e a volte eccessiva modernizzazione da parte di Meraviglia e di retrograda ottusità da parte di Colavolpe.
Anche il prof Massimo Ammaniti nel suo recente libro autobiografico “Passoscuro” ha narrato eventi analoghi vissuti in prima persona in quegli anni al padiglione minori dell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà di Roma. Le due situazioni sono in larga parte sovrapponibili, sin in alcuni dettagli.
È in questa squallida e caotica cornice che si sviluppa il romanzo della Ardone, altrettanto disarticolato anche nella struttura narrativa. L’autrice, infatti, ci costringe a seguire lo sviluppo della trama, centellinata e dispiegata attraverso quattro capitoli con salti temporali, alternarsi di io narranti, apparizioni fugaci di personaggi in capitoli diversi da quelli in cui interagiranno con Fausto Meraviglia.
Ma la vera forza di questo libro è nella veridicità dei personaggi che animano la comunità manicomiale: tutti fatti di chiari e di scuri, tutti vittime e carnefici, tutti eroici e meschini, tutti  quindi – terribilmente veri nella loro incredibile ed eccessiva vita.
L’Ardone ci mostra la grandezza e la miseria che si nasconde in ogni scelta della vita, utilizzando un linguaggio limpido e scorrevole, ricorrendo spesso alle rime baciate o a formule ripetute per esplicare in modo immediato e inequivocabile una sensazione, un sentimento. Spiritosi ed evocativi i nomi dei personaggi, alcuni dei quali legati a spot pubblicitari degli anni 80 altri a personaggi reali. Come Aldina la malata che si ritiene prigioniera politica e che – esprimendosi solo in rima – evoca immediatamente Alda Merini.
L’eroina è una adolescente sana di mente di 15 anni, nata in manicomio, e lì rimasta perché priva di parenti al difuori della madre, tedesca dell’Est, ritenuta – forse erroneamente – malata di mente. La ragazza si chiama Elba come il fiume tedesco che scorre libero verso il mare.
Meraviglia, concentratissimo nel suo progetto di salvare il mondo nonostante il desiderio del mondo di non essere salvato da lui, entrerà in modo eccessivo nella vita di Elba e deciderà del suo futuro pianificandolo perfino nei dettagli.
Sa di non essere stato un buon padre per i figli Vera e Mattia che hanno buttato, così almeno pensa Meraviglia, le loro vite pur di deluderlo e vendicarsi della sua assenza. Sa di essere stato: il motore immobile del loro scontento …un cattivo esempio su cui misurare le proprie vite e non trovarle così misere.
Elba è scelta da lui come figlia, in lei proietta, non banalmente il suo affetto o i suoi desideri, bensì tutte le sue illusioni di cambiamento del mondo, perché Meraviglia appartiene a quella generazione di ex giovani che hanno distrutto e spazzato via le tradizionali convenzioni sociali per sostituirle con atteggiamenti essenzialmente libertari, nei manicomi, nella famiglia, nell’amore.
Dal canto suo Elba è cresciuta nel mezzomondo, così lei definisce il manicomio, dove ci sono come il mare i tranquilli e gli agitati. Elba ha visto sempre muri e sbarre e non è stata mai attratta dal mondo intero anche perché: Al mezzomondo arriva tutto… basta aspettare… il mezzomondo ha solo una stagione: quella dell’attesa.Le scelte di vita di Elba quindi saranno diametralmente opposte a quanto deciso e pianificato per lei da Meraviglia: deluderti è stato il prezzo della mia libertà. Andarmene è stato il modo per essere tua figlia fino in fondo.
Così in vecchiaia, quando una fortissima crisi esistenziale, accompagnata e accentuata da un evidente decadimento fisico, porterà Meraviglia a tirare le somme della sua vita professionale e affettiva, il suicidio sarà per lui l’unica scelta possibile di libertà e di vita.
Ma: la vecchiaia non è quello che ci siamo persi, ma quello che ci rimane, e a seguito di una serie di eventi fortuiti e fortunati anche questa crisi sarà superata dall’egoista e spudorato Meraviglia.




SCELTI PER TE

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Demon Copperhead, di Barbara Kingsolver, Ed. Neri Pozza, 656 pagine, pubblicato nel 2023.

Vincitrice del Pulitzer 2023, pari merito con Hernan Diaz e il suo “Trust”, la Kingsolver fa una insolita operazione letteraria trasportando la storia del David Copperfield di Dickens dall’Inghilterra Vittoriana alla realtà depressa del Sud Est degli Stati Uniti negli anni ottanta del secolo scorso. Come quella di Dickens la sua storia è mossa da finalità sociali. Vuole denunciare la pessima gestione dei servizi sociali, lo sfruttamento degli orfani presi in affido da famiglie bisognose per intascare l’assegno statale per il loro mantenimento, la difficoltà di crescere in un mondo che sembra sempre soffocare ogni tentativo di alzare la testa e di reagire. Il libro è bellissimo ma crudissimo. La sua lettura non lascia indifferenti e queste emozioni e sentimenti permangono anche dopo la sua conclusione. Molto interessanti i richiami storici e ambientali sulla Virginia e i suoi abitanti, sovente definiti ironicamente in tutta l’Unione “Hillbilly”.

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Hilla von Rebay, di Luca Berretta, ed. Morellini, 267 pagine, pubblicato nel 2022.

Berretta ci racconta con accenti intimi la ricca e adrenalinica vita della Baronessa Hilla von Rebay, pittrice tedesca, che nel 1927 sbarcò a New York. Lì, in breve tempo, divenne la musa ispiratrice di Salomon Guggenheim nella creazione della sua collezione d’arte astratta.  Grazie ad Hilla, Guggenheim conoscerà Kandinskij, Klee, Bauer, Arp e con essi introdurrà negli Stati Uniti l’arte non-oggettiva. Dal loro sodalizio nascerà l’idea di un grande museo avveniristico, commissionato all’architetto Frank Lloyd Wright, in cui mettere in mostra la grande collezione astratta. Alcuni anni dopo la morte di Salomon, Hilla sarà esautorata da tutte le cariche ricoperte nella Fondazione Guggenheim, al punto di non essere invitata all’inaugurazione del museo, nonostante lo stesso Wright avesse affermato di averlo pensato e disegnato intorno a lei. 


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