ARTE E PORCELLANE EUROPEE NELLA COLLEZIONE VIMERCATI SANSEVERINO

di Irene Niosi
A fine maggio si è tenuta a Roma la presentazione del catalogo “Arte e Porcellane Europee nella Collezione Vimercati Sanseverino” a cura di Andreina d’Agliano, Giovanni de Girolamo, Sebastian Kuhn, pubblicato dalla casa editrice Sillabe, che ha riunito antiquari, esperti e addetti ai lavori, venuti da ogni parte d’Italia e anche dall’estero. L’invito era rigorosamente personale e a far gli onori di casa nel portico della Galleria Borghese, la Soprintendente Francesca Cappelletti ha illustrato l’importanza della collezione. Tra i relatori, Alvar González-Palacios considerato il più grande esperto di arti decorative e a cui si deve il saggio introduttivo, ha spiegato con dovizia di dettagli parte della rassegna soffermandosi sulla originalità dei mobili e sulla rarità di oggetti preziosi. Presente anche Ludovico Vimercati Sanseverino che ha preso la parola, raccontando con una grande competenza, come è diventato collezionista.
In questo numero, grazie a questa straordinaria raccolta, colgo l’occasione per fare luce sul collezionismo delle porcellane europee. Ho intervistato per voi Andreina d’Agliano, conosciuta in Italia e all’estero, tra le maggiori esperte di porcellane, specializzata nelle manifatture italiane e di Meissen.
Quello che colpisce di questa vasta raccolta così raffinata che comprende, oltre a dipinti e mobili, un consistente numero di porcellane italiane ed europee è la cura e l’amore profuso da parte del proprietario nel riunirle insieme pezzo dopo pezzo mantenendo un alto standard qualitativo, come per esempio le due nature morte barocche di Nicola Malinconico (Napoli 8 agosto 1663 – Napoli 25 marzo 1726) di altissima qualità. Ricordiamo che di essa fa parte anche un’opera straordinaria, di epoca romantica, il bellissimo ritratto a olio su tela, dipinto da Francesco Hayez nel 1851 che raffigura Antonietta Tarsis Basilico, rappresentata con un ‘espressione malinconico – sentimentale in armonia con l’abito in raso blu notte contornato da merletti neri che adornano le spalle e il capo della giovane donna. Il dipinto provenne al nostro collezionista attraverso Alfonso Vimercati Sanseverino (1836-1907), che aveva sposato Giulia Tarsis, figlia di Antonietta, protagonista del ritratto.
Per realizzare il catalogo ci sono voluti tre anni, ci racconti l’importanza e le eccellenze della collezione Vimercati Sanseverino.
Noi curatori abbiamo impiegato tanto tempo ma siamo molto soddisfatti per il risultato e siamo riconoscenti a Ludovico Vimercati Sanseverino: è stato molto gratificante schedare e scoprire tanti capolavori alcuni dei quali inediti. Questa collezione ha origini storiche: prima di giungere al nostro collezionista, la raccolta arredava le sale del Palazzo a Roma in Via del Corso: appartenuto in origine alla famiglia Rondanini, dopo diversi passaggi il palazzo fu acquisito nel 1904 da Lionello Sanseverino, padre del collezionista, colmo di importanti arredi e alcuni marmi, fra cui la celeberrima Pietà Rondanini di Michelangelo, ceduta al Castello Sforzesco di Milano nel 1952. Ne consegue che da un palazzo di così grande prestigio e con una nonna nata Rospigliosi e un padre discendente da una famiglia lombarda con antiche origini napoletane, non potevano che arrivare opere e arredi esemplificative della storia dell’arte italiana. La raccolta sarebbe poi stata arricchita da una preziosa collezione di porcellane europee, formata da Vimercati Sanseverino stesso negli ultimi trent’anni.

Se parliamo della collezione in generale, vorrei citare un oggetto degno di una Kunstkammer (Gabinetto delle Meraviglie): si tratta di una conchiglia montata in argento fuso e cesellato, decorata con stemma Rospigliosi e con bollo camerale del 1696, il cui modello, ispirato a prototipi manieristi nord -europei, presenta il corpo della tazza costituito da una conchiglia o “Nautilus” montato in argento, in questo caso attribuito all’argentiere romano Giovanni Giardini (attivo fra il1675 e il 1722).


Giovanni Giardini (attr.), Nautilus, con rifiniture in argento, Roma, bollo camerale del 1696
Trattandosi di una raccolta di porcellana di gusto barocco la scelta del collezionista si sofferma soprattutto su tre manifatture: la tedesca fabbrica di Meissen, la cui attività continua ancora oggi Meissen, la viennese Du Paquier, attiva dal 1718 al 1744 e l’italiana fabbrica del marchese Ginori, già conosciuta come Doccia, aperta nel 1737 e tuttora attiva. Fra gli esemplari più significativi, segnalerei gli splendidi vasi bianchi di Meissen appartenuti al conte von Brühl, ministro di Augusto III di Polonia, eseguiti fra il 1744 e il 1749, una tazza da brodo di Vienna dipinta con scene diverse in toni delicati e soffusi, e alcuni straordinari esemplari di Doccia a bassorilievo istoriato, fra cui le due rare placchette a cammei rappresentate sulla copertina del catalogo.

Tutta la raccolta Vimercati Sanseverino è però costituita da oggetti rari, curiosi ed esemplificativi della miglior qualità delle manifatture da lui collezionate: ogni oggetto racchiude una storia, un riferimento inusuale, che aggiungono a questa collezione il carattere di unicità che la contraddistingue.
L’interesse per la porcellana di Ludovico Vimercati Sanseverino, collezionista colto, curioso, riflette una raccolta emblematica del gusto barocco e di una porcellana che esemplifica le manifatture ai loro albori più che una produzione divenuta ormai sicura ma seriale. Non per nulla lo possiamo paragonare ai primi collezionisti di questa materia, in cui l’arcanum era espresso in modo sperimentale, talora insicuro ma per questo più affascinante.

Il fascinoso mondo delle porcellane rispetto ad altri generi di collezionismo nasce da una passione che investe differenti aspetti delle proprie preferenze culturali.
La passione per il collezionismo di porcellana estremo orientale – la porcellana venne infatti prodotta in Cina fin dal VII secolo- nasce in Europa già nel Cinquecento: i Medici ne furono collezionisti e sotto Francesco I (1541-1587) regnante appassionato di alchimia, venne prodotta la prima porcellana a pasta tenera, priva cioè di caolino. Per più di un secolo i regnanti europei, affascinati dal possesso della porcellana, dalla sua materia, translucida, durissima ma contemporaneamente fragile, tentarono di carpirne il segreto. Fu solo agli inizi del Settecento che a Meissen, in Sassonia, venne introdotta a partire dal 1710 la porcellana dura di tipo cinese, contenente cioè il caolino. La formula, che avrebbe cambiato la storia delle arti decorative europee, venne ideata alla corte di Dresda grazie alla collaborazione del chimico Walter von Tschirnhaus e dell’arcanista Johann Friedrich Boettger, la cui presenza a Meissen era soprattutto determinata dalla volontà dell’Elettore di Sassonia Federico Augusto I, chiamato Augusto il Forte (1670-1733):il sovrano, affetto da una vera “maladie de porcelaine”, aveva riunito la sua intera raccolta di porcellane orientali in un palazzo apposito, il Palazzo Olandese, poi trasformato nel 1727 in Palazzo Giapponese e ulteriormente riempito con le innumerevoli porcellane di Meissen ordinate alla manifattura esclusivamente per l’Elettore. Attraverso questa manifattura, Augusto poté mostrare all’ Europa un simbolo tangibile del suo potere economico e politico, al punto che le porcellane di Meissen avrebbero costituito la componente più considerevole dei doni diplomatici della corte sassone, scelti non più esclusivamente fra oggetti rari ma soprattutto in una produzione di prestigio nazionale.
Da Dresda, la formula si sarebbe poi diffusa in tutta Europa ma nella prima metà del Settecento Meissen detenne il primato di questa produzione. Va inoltre aggiunto che il consumo di bevande calde come the, caffè e cioccolata, preziose e inizialmente riservate a una clientela abbiente, avrebbe incrementato la produzione europea di porcellana. In Italia la prima manifattura di porcellana apre a Venezia nel 1720 grazie alla collaborazione di Christoph Konrad Hunger e dell’imprenditore veneziano Giovanni Vezzi: senza dilungarci in notizie che risulterebbero forse pesanti, vorremmo semplicemente accennare al fatto che l’arcanum o formula della porcellana, costituì uno dei segreti industriali più preziosi nell’Europa del primo Settecento. Da Meissen e da Vienna, seconda manifattura europea, arcanisti, pittori, fornaciai, partirono alla volta delle diverse capitali italiane, dando luogo alla nascita, nel 1737, alla manifattura torinese dei Rossetti e a quella toscana del marchese Carlo Ginori a Doccia, a cui si sarebbe aggiunta nel1744 l’apertura della napoletana manifattura di Capodimonte.
Quali requisiti bisogna avere per diventare collezionisti di porcellane?
Per collezionare porcellane occorre avere una cultura poliedrica, raffinata, occorre conoscere la storia, talora capire di chimica, di cucina e arte della tavola, ma soprattutto conoscere la storia dell’arte, poiché ogni oggetto di porcellana non esiste per caso ma si riconnette all’architettura, alla scultura e alla pittura coeva, con cui crea un‘imprescindibile armonia.
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