IN SCENA MA FUORI SCENA… INTERVISTA ALLA REGISTA SCENEGGIATRICE SOLANGE TONNINI

di Chiara Montenero
Sono molto felice di intervistare Solange Tonnini, una talentuosa giovane sceneggiatrice e regista, che ha realizzato il suo sogno di raccontare in un film la storia della sua famiglia inserendola nel contesto storico di quegli anni ‘70-’80, periodo ricco di cambiamenti socioculturali. Con il suo ultimo progetto E se mio padre, ha saputo intrecciare elementi personali e universali, dando vita a una narrazione emozionante e ricca di sfumature. In questo film, possiamo ammirare la performance di suo fratello Massimo Ghini, affiancato dalla straordinaria Claudia Gerini, due attori che portano sullo schermo il loro indiscutibile talento e la loro intesa professionale. Con Solange, esploreremo le tematiche del film, la sua visione artistica e l’esperienza di lavorare sul set con persone a lei care.

Qual è stata l’ispirazione principale per la storia di E se mio padre? E’ un film autobiografico?
Assolutamente autobiografico, ma ovviamente la storia è romanzata per renderla più accessibile allo spettatore. L’idea è nata quindici anni fa insieme a Mario Gambi, che poi ha firmato la sceneggiatura insieme a me e a Gianni Cardillo. All’epoca non avevo molto tempo da dedicare alla scrittura in quanto lavoravo come aiuto regista, ma ho avuto la fortuna di incontrare un giovane produttore, Giovanni Amico, che si è innamorato della sceneggiatura e in soli due anni la mia creatura ha visto la luce.
Quale la trama?
Siamo nella metà degli anni ’80 e la protagonista dodicenne Aida (io da bambina) ha capito già da tempo che c’è qualcosa di oscuro sul conto di suo padre Adriano: le sue ripetute e prolungate assenze, i frequenti viaggi in giro per l’Europa e il lavoro in una ditta di import-export la insospettiscono. Con Daniel, il suo nuovo compagno di banco, capisce che forse è il caso di approfondire la questione. I due ragazzini si improvvisano investigatori e iniziano un’indagine che coinvolge tutti i parenti di Aida, in una ricerca che unisce le vicende familiari con quelle di cronaca di cui è stato protagonista il nostro paese tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Il padre di Aida finisce per essere considerato un terrorista rosso, poi un killer, un massone della P2, una spia, un latitante, finché un giorno le indagini arrivano alla verità… Che saprete andando al cinema a veder il mio film.
Come hai sviluppato i personaggi principali del film?
Essendo un film molto, come dire, “di famiglia”, mio fratello, Massimo Ghini interpreta mio padre e mio nipote, Leonardo Ghini, interpreta Massimo da ragazzo. Ci sono poi tutti i personaggi reali della nostra famiglia: il ruolo di mia madre lo interpreta Claudia Gerini. L’unico personaggio inventato è quello interpretato da Dino Abbrescia che è un po’ un mix degli amici di mio padre. Renato Marchetti interpreta mio zio sposato con una ragazza polacca, alias Sara Sartini e Luca Scapparone, il mio compagno, nella finzione cinematografica è il padre di Massimo. Inoltre, ho voluto inserire nel film delle scene un po’ particolari: ad un certo punto c’è mia sorella (vera) che attraversa la spiaggia con il cane e le viene incontro l’attrice che la interpreta, quindi in realtà incontra sé stessa; o anche mio fratello Alessandro, che voleva fare il pilota, e il figlio di Enrico Montesano, Marco Valerio che lo interpreta, si stringono la mano in una foto pubblicata sul giornale, o anche Massimo che abbraccia suo figlio Leonardo (che interpreta il suo personaggio nel film) e pertanto abbraccia sé stesso.
Quali temi principali volevi esplorare e quale il messaggio che speri che gli spettatori portino a casa dopo aver visto il film?
Il tema sicuramente è la famiglia e che anche la più strana, se ha una base solida, riesce a trasmettere amore. Non è la quantità del tempo che trascorri con i tuoi figli, ma la qualità e mio padre, pur molto assente, è stato un ottimo padre. Io sono nata nel ‘74 quindi il divorzio già esisteva e mio padre poté darmi il suo cognome mentre quando sono nati, fuori dal matrimonio, i miei fratelli maggiori, mio padre non avrebbe potuto riconoscerli perché aveva un’altra famiglia e mia madre aveva un marito, il quale li riconobbe come suoi. Solo quando approvarono la legge sul divorzio, vennero disconosciuti e riconosciuti dal padre vero. Una storia alquanto complicata che, con l’uscita del mio film, ho scoperto non fosse poi così fuori dal comune. Tra gli spettatori c’erano persone che hanno vissuto la mia stessa situazione… incredibile!
Dopo “E se mio padre”, quali sono i tuoi progetti futuri come regista e sceneggiatrice? Hai già in mente un nuovo film?
Al momento sto lavorando come aiuto regista di Enrico Vanzina. Progetti tantissimi, il più probabile è un secondo film sempre sulla famiglia. Mi piacerebbe molto trasformare “E se mio padre” in una serie tv. Chissà…

BIOGRAFIA DI SOLANGE TONNINI
Come aiuto regista prende parte a numerose produzioni seriali Rai e collabora con diversi registi, tra cui Oldoini e Donna. Per Netflix è assistente alla regia di Molaioli in “Suburra – La serie”. Al cinema è aiuto regista per Brizzi e Aristarco (in “Mina Settembre”). Ha firmato numerosi corti come sceneggiatrice e regista, tra cui “Rose Rosse” (vincitore a Cortinametraggio e andato in onda su Mediaset Premium) e “Marcondirondera” corto d’apertura al Med Film Festival. Ha scritto e diretto due episodi del film collettivo “In bici senza sella”, prodotto da Tandem Film e presentato ad Alice nella Città – Festa del Cinema di Roma, e vincitore del Toronto Independent Film.
