VIS-A-VIS CON ANTONIO CATANIA
di Chiara Montenero
Antonio Catania nasce ad Acireale e si trasferisce a Milano nel 1968 per studiare filosofia presso l’Università Statale, ma allo scopo di aiutare un amico a preparare l’esame di ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica Paolo Grassi, tenta anch’egli la prova superandola brillantemente e nel ’75 si diploma. Nello stesso anno inizia la collaborazione con il Teatro dell’Elfo, dove viene in contatto con il regista Gabriele Salvatores ed è proprio Salvatores ad affidargli i primi ruoli cinematografici nei film “Kamikazen – Ultima notte a Milano” (1987), “Puerto Escondido” (1992) e “Mediterraneo” (1990), premio Oscar per il miglior film straniero. Nel corso della sua carriera ha recitato per registi importanti come Leone Pompucci (“Le mille bolle blu”, 1993 e “Camerieri”, 1994), Giuseppe Piccioni (“Cuori al verde”, 1996), Carlo Mazzacurati (“Vesna va veloce”,1996), Enzo Monteleone (“Ormai è fatta!”, 1999), Silvio Soldini (“Pane e tulipani”, 2000), Gianluca Maria Tavarelli (“Qui non è il paradiso”, 2000). Nel 1999 ha ottenuto il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista insieme al resto del cast di “La cena” di Ettore Scola, mentre nel 2002 è stato candidato sempre al Nastro d’argento, ma come miglior protagonista per “Ribelli per caso” di Vincenzo Terracciano.
Ho conosciuto Antonio nel 2006 a Venezia mentre recitava in teatro al fianco di Maria Amelia Monti in “Ti ho sposato per allegria” e l’anno seguente era tra i quattro protagonisti del mio cortometraggio “Noiseless Hotel”…
Qual è stata la tua prima esperienza nel mondo della recitazione dopo aver frequentato l’Accademia Paolo Grassi?
Molto indietro nel tempo. La mia prima esperienza teatrale è stata Fuenteovejuna di Lope de Vega con il regista Ramon Pareja. Ramon si dichiarava rifugiato politico, era spagnolo e in Spagna c’era Franco. Era il 1974 o 73, il periodo di Carmelo Bene, Memè Perlini, il teatro di ricerca sperimentale insomma. Ci vorrebbe un intero capitolo per descrivere quell’esperienza, dico solo che gli spettacoli erano finanziati da opere di pittori a cui Ramon le chiedeva. Insieme siamo stati a casa di un artista svizzero, Verlin, che gli regalò un autoritratto.
Qual è stato il ruolo più difficile da interpretare finora e quale il personaggio in cui ti sei identificato maggiormente?
Ho recitato da allora tanti ruoli a teatro e al cinema, il più impegnativo è sempre l’ultimo, perché è come ricominciare da capo, non ci sono mai certezze, e mai mi sono identificato con un personaggio, altrimenti non avrei fatto questo mestiere.
Qual è il tuo approccio emotivo alla preparazione di un personaggio?
Il mio approccio è sempre cercare le ragioni che muovono il personaggio a fare l’azione, a volte i motivi sono nascosti a volte palesi, ma le scelte che facciamo definiscono il carattere.
Hai qualche aneddoto divertente da raccontare su uno spettacolo teatrale, sul set di un film o di una serie TV?
Ho tanti aneddoti, ovviamente, da incidenti tipo qualcuno che sparisce dal palco perché sprofonda nella buca del suggeritore, o l’errore del casting che chiama un altro attore con lo stesso nome ma molto diverso da quello che il regista aveva chiesto. Fanno parte della storia, della memoria, da raccontare ai nipoti davanti al caminetto.
Qual è stata la tua esperienza più gratificante nel mondo della recitazione?
Carmelo La Rosa, il pilota di Mediterraneo è stato il personaggio più gratificante, da lì è iniziata la mia carriera, eppure era un piccolo ruolo, tre scene soltanto, ma grazie a quella magia che si era creata sul set, e a qualche improvvisazione, è diventato grande.
C’è un attore, o un’attrice o un regista con cui vorresti lavorare in futuro?
Ogni volta che un regista ti chiama è un segnale d’amore per il tuo lavoro. Mi piacerebbe avere tanti di questi segnali, tanti sono i registi che stimo con i quali mi piacerebbe lavorare, ma non succede e bisogna ad un certo punto farsene una ragione.
Se dovessi scegliere tra Teatro o Cinema?
Mi piace più il Cinema, perché sono pigro e non devo ripetere tutti i giorni le stesse scene, ma non riesco a fare a meno del teatro. L’emozione che provi sul palcoscenico è diversa, hai un pubblico davanti e una sensazione di unicità che condividi con loro. La televisione però é uno straordinario strumento di popolarità, per cui le signore al supermercato ti riconoscono e ti fanno i complimenti, cosa che indubbiamente fa piacere.
Hai recitato in molte fiction televisive, quale dei personaggi da te interpretati ti somiglia di più?
Visto che devo per forza identificarmi con un personaggio, quello che forse mi somiglia di più è il pasticcere Franzi, del film” IL Pasticcere”, appunto. Un’anima candida, ingenua, che cerca di fare il bene, invece fa il male, molto male, infine anche a se stesso.
A breve sarà sul piccolo schermo la seconda stagione di Bad Guy in cui reciti a fianco del tuo amico Luigi Lo Cascio, come ti senti nei panni di un capo mafia?
Abbiamo finito il 21 dicembre le riprese di “The Bad Guy” stagione 2. Il mio personaggio di capomafia lo abbiamo costruito insieme ai due straordinari registi Stasi e Fontana, con l’aiuto inconsapevole di Luigi Lo Cascio, perché recitare con lui è più facile, sembri bravo anche tu. Sono veramente soddisfatto di questo lavoro, del set, dei colleghi, della produzione, tutto. Bisogna vederlo per capire cosa abbiamo fatto.
Hai qualche consiglio per gli aspiranti attori che vogliono intraprendere questa carriera?
Quando ero giovane non ho mai ascoltato i consigli degli anziani. Comunque, l’unica cosa da fare è studiare, studiare, studiare.
Qual è la prima cosa che fai al risveglio e quale l’ultima prima di dormire?
La prima cosa che faccio appena mi sveglio è controllare se sono ancora vivo, se riesco ad alzarmi, sempre molto presto, e porto fuori il cane.
Prima di andare a dormire invece ripasso sempre la parte.
mail: chiaramontenero@womenlife.it