VILLA ADA (SECONDA PARTE)

di Flaminia Casardi


Gabriele D’Annunzio amava punzecchiare i suoi ospiti a cui ripeteva spesso: “Esagerando con il cibo non andrete lontano”. La prima a patire fu la sua adorata tartaruga Cheli che, elegantemente ornata, presiedeva sempre la tavola del Vate e che morì per aver divorato troppe tuberose.  Ora è sepolta al Vittoriale.

Per fortuna le tartarughe di Villa Ada sono vive e vegete, ricordo che quando il primo laghetto fu prosciugato dalla siccità era possibile incontrarne qualcuna alla ricerca di un po’ di frescura. Entrate nella lista degli animali da proteggere – la cui specie base pare provenga dall’America – molte di quelle che incontriamo sono state probabilmente abbandonate dai loro proprietari. Se non si vuole scendere verso il laghetto, dopo l’Entrata dei Cavalli si può proseguire la passeggiata verso sinistra. Protette da grandi siepi ci sono varie costruzioni, belle nella loro semplicità di casali di campagna. Alcuni di questi sono stati adibiti ai servizi per il parco, per il giardinaggio e per la manutenzione.  Solo un casale dalla facciata di color celestino, dal particolare fascino decadente, è abitato dalla famiglia di Carlo Guarienti sposato ad una Calvi di Bergolo, il noto pittore vive ancor oggi vicino al suo atelier. Vediamo cosa dice di lui Vittorio Sgarbi: “Guarienti è un pittore difficile, tentato da mille stimoli, che esordisce al fianco di Sciltian e di Annigoni, realista inquieto con un impulso alla dimensione non reale”. “A seguito di una tragedia familiare la sua opera si disanima, un gelo, una freddezza che sono il segnale di un dolore che non si può riparare, una pittura rugginosa, una superficie che vela il colore fino a farlo diventare una notte senza fine, una dimensione essenziale di puro pensiero.Chi non ha visto una mostra di Guarienti non sa cosa si è perso”.

Ma proseguiamo nella nostra passeggiata e andiamo a scoprire il Tempio di Flora, nascosto dai lecci. Questi alberi nelle civiltà    greche e italiche erano   considerati sacri, probabilmente perché Il loro legno ha una dose elevata di tannino che è una sostanza disinfettante. Anticamente il Tempio, che si presenta come un piccolo tempio dorico apparteneva alla facoltosa famiglia dei principi Pallavicini, presente sul territorio laziale fin dalla seconda metà del ‘600 con il Cardinale Lazzaro, che ha visto avvicendarsi personaggi di assoluto rilievo sociale, tra cui vari cardinali, un papa Clemente IX, e uno dei primi sindaci di Roma, Francesco. Il Tempio di Flora per i principi era “un capriccio”, veniva infatti utilizzato per prendere un rinfresco con familiari e amici. Tutti i nostri parchi una volta venivano chiamati “Vigne Nobiliari”, per esempio Villa Borghese si chiamava “Vigna al Pincio”, successivamente il termine sarà sostituito con villa. Alla fine del settecento nell’area dove si trovava il tempio vennero eseguiti consistenti lavori di recupero degli edifici preesistenti tra cui il Casino Pallavicini e un generale riassetto del verde, riorganizzando e aggregando i nuclei originari, nacque così “Villa Pallavicini”.  L’intero parco di Villa Ada fu successivamente acquistato dai Savoia. Il Tempio di Flora venne così inserito nel nuovo progetto di giardino all’inglese, conservando la forma e la funzione originaria. Proseguendo la nostra passeggiata nei piccoli boschetti che si susseguono come in un racconto fiabesco, respiriamo l’aria frizzantina, quell’energia tutta nuova che è il preludio alla bella stagione. Gli alberi con i nuovi germogli rendono Villa Ada una delle meraviglie naturalistiche di Roma. I prati in primavera si riempiono di piccoli fiori, margherite gialle e bianche, “le pratoline”, che invadono il verde come un tappeto e i fiori di trifoglio, piccoli capolavori botanici che rendono omaggio alla grandezza della natura. Per le altre varietà di fiori bisogna aspettare maggio inoltrato, per adesso accontentiamoci dei teneri boccioli, dei piccoli uccellini che provano i primi voli, godiamo di quest’alchimia che ci viene donata. La prossima volta usciremo dal parco e scopriremo gli edifici che sono legati ad esso, alcuni graziati dal tempo, altri bisognosi di restauro e di attenzione.


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