SUSHRUTA
di Carlo Gasperoni
La nascita della Chirurgia Plastica risale all’800 aC. quando Sushruta, un medico indiano, usava dei lembi di pelle per ricostruire il naso. In quell’epoca infatti si usava amputare il naso a popolazioni vinte e a donne adultere, salvo poi cercare di ricostruirlo come possibile. Gli arabi fecero da ponte culturale verso l’occidente portando le tecniche in Sicilia dove la famiglia Branca nel 1450 si dedicava alla ricostruzione del naso. Fu nella seconda metà del XV secolo che Gaspare Tagliacozzi di Bologna modificò la tecnica che proveniva dalla Sicilia portando un lembo di pelle dal braccio, chiamato “lembo all’italiana” che costituiva l’evoluzione del lembo “all’Indiana”. Tagliacozzi però ebbe una vita difficile perché era osteggiato dalla chiesa perché “osava modificare l’opera di Dio” e pertanto quando morì fu dissepolto dalla terra consacrata e inumato in terra sconsacrata. Da allora molta acqua è passata sotto ai ponti e la chirurgia plastica ha fatto fortunatamente molta strada.
La parola Plastica sta per forma, ovvero la chirurgia della forma umana. Lo scopo e il limite della Chirurgia Plastica è appunto la forma umana alla quale occorre tendere nella ricostruzione del corpo e che non si deve superare con la sua modifica in senso non umano. Questo è un argomento di grande attualità perché oggigiorno assistiamo al sorgere di mode assurde nel campo dell’estetica con persone che chiedono il viso da leone o gli occhi di gatto o i foxy eyes da volpe. Anche se tecnicamente si possono raggiungere determinati traguardi un medico non deve assecondare richieste assurde. Occorre sempre tenere a mente che l’individuo va considerato nella sua complessità e che lo scopo di ogni medico è di aiutare il raggiungimento del benessere psicofisico dei propri pazienti. Di fronte ad una richiesta assurda occorre indirizzare il paziente verso la terapia appropriata e non semplicemente assecondarlo. Nei casi citati la terapia appropriata è quella psichiatrica perché chi desidera gli occhi da gatto, pur non essendo un gatto, ha dei problemi seri, e per questi va curato.
La sintesi fra chirurgia e arte plastica è la Chirurgia Plastica, che comunemente viene suddivisa in due filoni, chirurgia ricostruttiva ed estetica. La parte ricostruttiva è quella che facilmente viene compresa: la perdita di un dito, il trauma di un incidente, o un difetto dovuto alla asportazione di un tumore, comportano un ricostruzione per cercare di rendere l’evento traumatico meno penoso, o possibilmente superato da una ricostruzione che ha avuto successo. La Chirurgia Estetica è volta invece a potenziare al bellezza umana, e quindi è quella branca raffinata della Chirurgia Plastica, dove il bagaglio artistico culturale del chirurgo fa la differenza. A parità di abilità manuale e padronanza del mezzo tecnico chi ha più arte nel sangue produrrà risultati più belli.
Non siamo tutti uguali, il cervello delle persone ha caratteristiche diverse, con interessi diversi. Le scuole di specializzazione danno la base scientifica al professionista, poi sta a lui studiare, affinare tecniche e gusto per potersi definire bravo, e questo avverrà solo se sta seguendo una sua inclinazione. C’è chi è dotato in un modo e chi in un altro, come il mio compagno di classe al liceo Giorgio Parisi, che ha vinto il premio Nobel per la fisica, o Valentino Rossi che in moto ci sa andare meglio di quasi tutti. I chirurghi plastici non si sottraggono a questa regola ed è per questo che uno fa un capolavoro e un altro è invece una fabbrica di mostri. Basta vedere le facce omologate di donne che non hanno più caratteristiche umane con labbra spropositate e facce tirate che spaventano i bambini; le cugine le chiamo io. Lascio a voi le considerazioni su queste persone. Dato che l’occhio percepisce tutto quello che è strano, appena un volto mostra caratteristiche strane si capisce che è stato operato. Però le cose belle si possono fare, ripeto spesso alle mie pazienti: se si nota il passaggio dal chirurgo vuol dire che l’intervento è stato fatto male! Un viso operato di lifting è un viso bello, armonioso, naturale, quindi è meglio che rimanga un piccolo difetto, che non un risultato artificioso che trasforma il brutto in grottesco.
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