QUANDO IL TEATRO SI FISCHIAVA

di Pino Ammendola
“Lo spettacolo è stato sonoramente fischiato!” trent’anni fa era facile imbattersi in una critica con un titolo del genere. Certo a ripensarci oggi, in un clima così maniacalmente attento al politically correct,anche la più onesta e innocua dimostrazione di disapprovazione, come un fischio, potrebbe apparire una forma di discriminazione nei confronti degli attori ‘cani’, anche se, per la verità, non sarebbe un’azione contro una minoranza… essendo ormai molto diffuso il ‘latrato attoriale’! Resta comunque il fatto che siamo orfani anche di questa pratica, che pur se discutibile, rappresentava un deterrente oggettivo per quelli che avevano il coraggio e l’ardire di esporsi al pubblico su di un palco, senza le adeguate capacità. Con la logica della rana bollita, la televisione ci ha abituato progressivamente a una recitazione sempre più sciatta, a una sorta di mormorio monosillabico quanto incomprensibile, senza contare l’insipienza se non l’assurdità dei dialoghi e tutto questo ha drammaticamente pervaso anche le nobili tavole dei palcoscenici nostrani. Così a metà tra buonismo e omertà culturale, assistiamo a spettacoli veramente orrendi senza proferir parola e persino un sincero sbuffo di legittima insofferenza viene stigmatizzato da chi magari ci siede accanto, unica speranza è squagliarsela durante l’intervallo (quando c’è), mescolandosi vigliaccamente ai fumatori incalliti che raggiungono l’uscita, per (si fa per dire) respirare! Non fraintendetemi questo non è un ennesimo elogio dei tempi andati, non vuole e non deve esserlo! Il mio intento è quello di stimolare la disobbedienza, il dissenso, ovviamente quando è giustificato dall’abbiocco improvviso o dal doloroso disappunto di quelle volte che paragoniamo le battute maldestramente ‘sbocconcellate’ di fronte a noi, con il meraviglioso fluire dell’eloquio dei grandi attori che hanno formato il nostro gusto teatrale… no, non ne farò un elenco, ognuno ha i suoi beniamini e poi troppi ne mancano all’appello!
È evidente che anche il tempo presente gode di straordinari interpreti, ma c’è una grande differenza: sono molto meno noti al pubblico. Al di là della progressiva diminuzione del valore della competenza (problema che investe tutto il ‘Bel Paese’), i motivi sono fondamentalmente due: primo, fino ai primi anni ‘80 la televisione proponeva il meglio delle stagioni teatrali privilegiando sempre gli spettacoli di maggior qualità, indipendentemente dall’afflusso di pubblico di cui godessero, educando così l’audience a distinguere la buona recitazione; secondo, la Rai, allora unica emittente nazionale, per i suoi sceneggiati attingeva quasi esclusivamente al mondo del teatro, scegliendo gli attori più bravi, rendendoli beniamini anche di quel pubblico che non frequentava i templi dell’arte. Come ben sapete tutto questo non avviene più e i nuovi divi provengono dalle più disparate esperienze, ma certamente non sono mai stati contaminati (horribile dictu) dalla polvere del palcoscenico! Ora mi direte: dove vanno a parare queste tue divagazioni semiserie? Cosa fare? Riprendere a fischiare coloro che non rispettano il sacro patto tra attori e spettatori, cioè che i primi facciano ridere, piangere, scandalizzare, in una parola emozionare i secondi? No, io credo che sia necessario riprendere il nostro diritto di fruitori di un prodotto, di valutare ciò per cui paghiamo e se non lo riteniamo all’altezza delle nostre aspettative, manifestare civilmente il nostro dissenso. Rinunciare dichiaratamente ad applaudire e alle domande “Ti è piaciuto?”, “Com’era?” rinunciare definitivamente a quei mendaci “…interessante…” “carino…” e rispondere finalmente con un liberatorio: “Era orrendo! Non ho fischiato perché non ne sono capace!”. Insomma scegliete gli spettacoli teatrali con la stessa attenzione con cui comprate un abito da sera, valutando la qualità della stoffa, la sapienza della manifattura e soprattutto senza farvi ingannare dalla griffe del momento. Viva il teatro!!!

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