Preraffaelliti- Rinascimento moderno Un grande amore per l’Italia
di Irene Niosi
Al fortunato incontro di artisti, poeti e letterati inglesi, accomunati dalla passione per l’arte italiana, che si era sopita dopo il grande fenomeno del Grand Tour, si deve la nascita della Confraternita preraffaellita. Mentre in Italia imperversavano i primi moti insurrezionali del 1848, nella Londra vittoriana, a far scoppiare la miccia della rivoluzione fu un gruppo di giovani allievi e amici fra loro, che frequentavano la Royal Academy, insoddisfatti delle rigide regole imposte dai tempi del suo fondatore, Sir Joshua Reynolds, che proclamarono la loro ribellione, determinati a rinnovare la pittura inglese. Il contributo al fiorire e alla fortuna critica del movimento si deve soprattutto alla figura poliedrica di John Ruskin, grande viaggiatore, artista, poeta e scrittore, che nel suo libro “Modern Painters” pubblicato nel 1843, elogiava i pittori antecedenti a Michelangelo e Raffaello, i cosiddetti Primitivi. Anche i suoi disegni dal vero realizzati nei suoi frequenti viaggi in Italia, divennero “virali” facendo crescere l’interesse per l’arte rinascimentale italiana. La mostra “Preraffaelliti – Rinascimento moderno”, diretta da Gianfranco Brunelli, in corso a Forlì presso i Musei di San Domenico, presenta i pittori inglesi insieme a una selezione di quaranta opere che portano i nomi di Beato Angelico, Giovanni Bellini, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi, Michelangelo, Guido Reni, Luca Signorelli, Mantegna, Veronese, Verrocchio, Cosimo Rosselli, Palma il Vecchio, Filippino Lippi. Da questo confronto, la presenza dei nostri capolavori, se mette in risalto la loro grandezza, favorisce anche le opere preraffaellite, apprezzate, ora come allora, per la loro audace modernità. Accolta da un grande consenso di pubblico anche da quello che segue gli eventi internazionali, la mostra ci riserva pure un’altra novità, mai prima d’ora era successo di vedere esposte le opere di quelle figure femminili che contribuirono a plasmare l’identità estetica preraffaellita. Muse ispiratrici come Elizabeth Siddal, Beatrice Parsons, Marianne Stokes, Christiana Jane Herringham, Evelyn De Morgan, relegate in ruoli marginali. Pur dotate di talento al pari degli uomini, ai tempi del sodalizio potevano ambire al permesso di copiare le opere del passato.
A Forlì è presente una copia eseguita dalla stessa Herringham tratta dalla tavola tardo quattrocentesca di Gherardo di Giovanni del Flora “il Combattimento di Amore e Castità” a conferma del suo talento pittorico, un’artista completa, a lei va il merito di aver recuperato l’uso della pittura a tempera, caduta in disuso. Nel percorso espositivo, troviamo, ricostruito in tutta la sua estensione che arriva alle soglie del Novecento, i precursori del movimento insieme agli artisti che dal gruppo originario vennero ispirati, i suoi associati e i suoi autorevoli interpreti. I pittori della Confraternita che in patria leggevano il Bardo e i poeti romantici, andarono per così dire, a sciacquare i panni in Arno per trarre nutrimento dalla poesia di Petrarca e persino del Boccaccio; predilessero soprattutto la Divina Commedia, osannata dalla travolgente passione di Dante Gabriel Rossetti poeta, scrittore, nonché artista, e della sua cerchia, capaci di sviluppare un personale linguaggio espressivo favorito anche dalla declinazione di temi e soggetti a loro più congeniali che ricavarono dalla vasta cultura anglo-italiana e dalla rilettura della nostra arte che non si ferma, come vedremo, al Medioevo e al primo Rinascimento ma include il Manierismo, attraversa la pittura veneta del Cinquecento, in particolare Giorgione e Tiziano e esplora il classicismo dell’emiliano Guido Reni, per scongiurare la falsa idea che la loro conoscenza si fermò a Raffaello come vien da pensare per il nome che scelsero. Vien bene come esempio Edward Burne -Jones, uno tra i più versatili interpreti del movimento, che nel dipinto “The Mill” si riferisce al tema delle Tre Grazie” unendo insieme Botticelli e Raffaello mentre per il colore preferisce emulare quello luminoso di Giorgione. Entrando nel vivo della rassegna forlivese non posso che segnalare quegli artisti che, per la loro peculiarità, testimoniano la portata di questo passaggio storico durato quasi un’ottantina d’anni. Per comprendere appieno l’evoluzione dell’estetica preraffaellita darò brevi cenni sulle opere degli esponenti più illustri. Tra gli interpreti di prima generazione, soprannominato “the child”, per il suo talento precoce, va ricordato John Everett Millais, che si dedicò ai soggetti storici e a quelli religiosi di gusto medievale. Grazia e armonia, sulla traccia di nuovi moduli espressivi restano gli elementi fondanti nel processo di re-invenzione, elementi che trionfano nelle opere di Frederic Leigthon a Forlì, messe in rapporto dialettico con Paolo Veronese e di Tiziano. Nel capolavoro “Greek girls picking up pebbles by the sea” le quattro figure di fanciulle testimoniano la sua grande conoscenza della statuaria classica. I drappeggi delle vesti derivano da Botticelli, mentre le pose disposte a ellissi e i veli agitati dal vento rimandano al grande affresco di Raffaello raffigurante “Il Trionfo di Galatea”. E a proposito di bellezza femminile, per l’eleganza del portamento, facilmente riconoscibili ed entrate nell’immaginario collettivo sono le donne dalle fluenti chiome immortalate da D.G.Rossetti. Sensuali e enigmatiche, dalla bellezza sfuggente risultano invece le donne di Leighton e di Edward Burne-Jones, la cui complessa personalità andrebbe affrontata a fondo. Cito in ordine sparso le opere da non perdere: le“Small Briar Rose Series” e “Venus Discordia” incompiuta, nella Sala degli Affreschi a lui interamente dedicata, dove risulta evidente l’influenza di Michelangelo che studiò nel suo terzo viaggio a Roma. La rassegna forlivese propone in un allestimento a parte, gli artisti che esposero alla Grosvenor Gallery, fondata nel 1877 come alternativa progressista alla Royal Accademy, dove figurano pittori il cui studio dovrebbe essere approfondito. Mi rammarico di non aver parlato né di George Watts né di William Holman Hunt, e nemmeno di Evelyn De Morgan ma lo spazio è tiranno. Con la speranza che alcune delle articolate sezioni della mostra possano in futuro tramutarsi in altre mostre a tema, ad esempio un’esposizione che raggruppi insieme tutti gli artisti che meritano un approfondimento, oppure una rassegna dedicata alle arti applicate e al design. Infine chiudo con la breve e assertiva affermazione che non conoscevo, attribuita a G.F.Watts: “Io dipingo idee, non cose”.
In Copertina: Edward Burne -Jones, William Morris, John Henry Dearle, (disegnato da) MORRIS & CO. Arazzi del Santo Graal. I cavalieri si armano, progettato nel 1890 tessuto nel 1898-1899 arazzo in lana e seta, 238,76 x 441,96 cm, collezione privata
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