LE DONNE DELL’ACQUA SANTA

di Elisabetta Marini


Era tutta racchiusa in quelle stanze la capacità di sopportare in silenzio e a testa bassa la fatica, il dolore, i modi sgarbati dei capireparto. Una rassegnazione tutta femminile che si apprendeva fin da bambine, insieme alla consapevolezza che il lavoro, per chi nasce donna, non finisce mai.

“Sono le mani delle fimmime, chiste mani caa, che mandano avanti il mondo”

Questo il tema fondamentale di un libro interessante, istruttivo e sincero.

LE DONNE DELL’ACQUASANTA, di Francesca Maccani, pubblicato nel giugno del 2022 da Rizzoli, narra la vita dura, immutabile e supinamente sottomessa di circa 1200 donne, per lo più giovani ragazze o neo mamme che, nella Palermo del 1897, lavoravano nella Manifattura tabacchi di proprietà dei Monopoli di Stato.

Le giovani mamme portavano legati al seno i piccoli per allattarli o perché impossibilitate a lasciarli in custodia. Ma l’ingombro dei bambini, il loro peso e i loro pianti erano di grande ostacolo allo svolgimento del lavoro, oltre che rappresentare un ulteriore carico fisico e psichico che sfiancava le poverette.

Molti bimbi si ammalavano e rallentavano il lavoro delle madri che, pur affrontando eroicamente in contemporanea entrambi i ruoli, erano nell’impossibilità assoluta di rispettare i feroci ritmi di produzione imposti, e ciò comportava la riduzione o la perdita della paga giornaliera.

La lavorazione dei sigari non era solo stare sedute in coppia in un banchetto e preparare materiale triturato e avvolgergli intorno foglie compatte ed elastiche, prima le foglie andavano lavate in grandi vasche piene di acqua putrida, gelida e maleodorante che penetrava nella pelle.

Le addette a questa parte del processo produttivo erano le più sfortunate. In estate l’olezzo dell’acqua misto all’umidità dell’evaporazione rendeva l’aria della sala irrespirabile, mentre d’inverno al freddo del clima si aggiungeva quello dell’acqua e nelle mani si aprivano ferite persistenti e dolorose.

A questa misera e durissima condizione lavorativa si aggiungeva poi, fuori dalla Manifattura, il ruolo di mogli, figlie, madri in case poverissime e malsane con problemi di denaro e scarsità di cibo, all’interno di famiglie numerose in cui non sempre il capofamiglia riusciva ad avere un lavoro continuativo e sicuro.

A questa ambientazione di base del libro – ambientazione tratta da documenti e libri che l’autrice elenca diligentemente nella bibliografia di riferimento – Francesca Maccani aggiunge anche alcune vicende storiche  che fanno da sfondo al periodo in cui si dipana il romanzo: la nascita dei Fasci Siciliani e della prima coscienza sociale, le proteste degli operai della Fonderia Oretea della famiglia Florio, la repressione nel sangue degli stessi Fasci ad opera del sicilianissimo Francesco Crispi.

Ma il valore aggiunto di questo romanzo sta nell’aver scoperto che gli “odiati piemontesi”- quelli con cui il principe di Salina nel Gattopardo non voleva confondersi, quelli che abitualmente vengono mostrati come occupanti prevaricatori, che imposero in modo autoritario leggi e regole incuranti dei costumi, delle credenze e delle usanze locali – nel 1897, senza essere costretti, a quanto risulta, da scioperi o da altre forme di protesta, aprirono di loro iniziativa nella Manifattura Tabacchi un baliatico (asilo) con un medico e personale specializzato addetto alla cura e all’assistenza dei bambini delle operaie.

Per il resto il romanzo alterna a bellissime descrizioni di Palermo e a curiose ricostruzioni di costumi, credi, superstizioni (la storia della Santuzza o della statua di Sant’Antonio festeggiata all’Arenella il 13 giugno), la storia di due amiche, Franca altera determinata e volitiva, e Rosa ingenua e rispettosa delle regole sociali. Le due amiche vivono sulla propria pelle le ingiustizie della loro condizione di donne, il cui percorso di vita è già segnato dal loro status di figlie e di sigaraie. Come tutte le donne che le hanno precedute, anche loro dovranno soggiacere alle regole sociali che le obbligano a lavorare senza sosta; a sottomettersi e a prendere botte da mariti o da padri aggressivi e distrutti nello spirito dalla durezza della vita e dalla insoddisfazione.

A differenza dello loro madri, però, a loro sarà richiesta la doppia sottomissione: in casa e alla Manifattura dei tabacchi, dove saranno costrette a fingere di ignorare i soprusi lavorativi ed economici e ad accettare in silenzio le violenze, anche sessuali, dei caporeparto. A volte le sigaraie più carine, per arrotondare le entrate, erano spinte dalle famiglie a prostituirsi a casa di laidi notabili che, con pochi spiccioli, si potevano impunemente cavare ogni capriccio

 Nel corso della lettura de “LE DONNE DELL’ACQUASANTA” il pensiero corre ad altri racconti ambientati sempre a Palermo nello stesso periodo. Come non notare le affinità, le assonanze stilistiche e le approfondite ricerche storiche di questo romanzo e della saga dei Florio (il periodo storico coincide in parte con quello de “L’INVERNO DEI LEONI”di Stefania Auci) Certo i temi e gli ambienti sono diversi: da una parte la famiglia Florio, i veri re di Palermo, accolti in tutte le corti europee per la loro ricchezza, per la loro bellezza e per la fama del loro impero economico. Dall’altra la povertà assoluta della borgata dell’Acquasanta, la fatica di vivere, il decoro di fronte al dolore, la dignità di non avere nulla ma anche di non chiedere nulla. E la solidarietà, unica speranza e unica medicina che resta a questa pletora di Ultimi.

Non per nulla le due autrici sono amiche (alla Auci è dedicato il primo ringraziamento a fine libro), svolgono la stessa professione di insegnante e insieme, nel 2017, hanno pubblicato il libro “LA CATTIVA SCUOLA”.

Sono entrambe perdutamente attratte da Palermo anche se la Maccani, di origini trentine, vive in Sicilia solo dal 2010.

Le loro opere dimostrano come il fascino e la magia della magnifica Palermo storica, ancorché nascosto nei grandi palazzi e offuscato, agli occhi dei più, dallo scempio edilizio degli anni cinquanta e sessanta e dalle tristi storie di malavita organizzata, persista invece nell’aria della città, sia respirato e metabolizzato dagli spiriti più sensibili che, libro dopo libro, aspirano a far tornare – nell’immaginario collettivo – Palermo grande e splendente, faro di bellezza e di umanità come la ricca capitale che era un tempo.    


mail: elisabettamarini@womenlife.it