INTERVISTA A PAMELA FONTINOVO, COSTUMISTA DEL PARADISO DELLE SIGNORE

di Giulia Chiodini
È da poco tornata sugli schermi di Raiuno,” “Il Paradiso delle Signore,” la longeva soap opera, forte delle brillanti medie d’ascolto ottenute negli anni. Ispirata all’omonimo romanzo di Émile Zola, la serie televisiva, racconta storie di amori e lotte familiari, dissesti finanziari e nuove imprese, che si intrecciano attorno al primo grande magazzino per signore a Milano, tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Pensate che la serie occupa una superficie di 5800 m2 tra interni ed esterni presso i teatri di posa Videa a Roma. Centossessanta sono le puntate per ogni stagione, che vedono impegnati dietro le quinte per undici mesi all’anno, oltre 170 impiegati tra registi, sceneggiatori, montatori, arredatori e operai specializzati.
Noi abbiamo incontrato la costumista della nota serie tv, Pamela Fontinovo.
Qual è stata l’esperienza della sua vita che le ha fatto capire che questa sarebbe stata la sua strada?
All’inizio non pensavo proprio di seguire questa strada, perché finite le superiori ho iniziato a frequentare la facoltà di Giurisprudenza di Macerata, ma senza entusiasmo. Poi, il mio grande amore per il teatro, l’arte e il cinema, mi ha portata a voler seguire un corso di costume. E scopro che all’Università di Macerata all’Accademia di Belle Arti, nel corso di scenografia c’era un bravissimo docente di Stori del costume. Dopo l’esame di ammissione in Accademia, iniziai a frequentare i corsi e incontrai il maestro Giancarlo Colis che è stato fondamentale nella mia carriera, perchè mi ha trasmesso l’amore per questo lavoro.
Mi piacerebbe entrare nel vivo del suo mestiere, come avviene la creazione di un abito di scena?
Si parte sempre dalla lettura del copione e ci si confronta con il regista e nel nostro caso anche con il direttore artistico della serie. Poi inizia una ricerca dello stile e del carattere del personaggio. Ci si documenta per inquadrare anche il periodo storico, sociale e politico del testo. Poi, si effettua una ricerca fotografica, di immagini. Nel nostro caso, per gli anni ‘50 e ‘60 mi sono documentata attraverso libri, riviste, film, mentre per l’800 hai a disposizione musei, quadri, biblioteche. Quindi c’è una ricerca approfondita degli usi, costumi, consuetudini per collocare al meglio un personaggio nella sua epoca, anche l’estrazione sociale del personaggio, insomma tutto il mondo che gira attorno a questa figura.

Ricreare quella moda anni ‘50 e ‘60 così elegante, raffinata e terribilmente chic è stato difficile?
No, è talmente bella! Perché è una moda che esalta la femminilità, seducente, raffinata, una moda che valorizza e mette in risalto le forme delle donne: la vita sottile, il seno a punta, i fianchi pronunciati. Era l’elogio della femminilità. Diciamo che per lo stile degli anni ‘50, il corpo sotto era costruito da bustin, guepierès, insomma “si imbottiva”… Cosa che faccio tutt’ora, quindi creo il corpo sotto e poi lo vesto sopra. Negli anni ’60, soprattutto nella seconda metà, questo metodo si usava meno, perchè le linee erano totalmente cambiate. C’era uno stile più androgino, i seni erano più piccoli, le gonne si iniziano ad accorciare, i colori sono più audaci, più vivaci, si passava da un’eleganza classica a un’estetica più giocosa.
Che tipologia di tessuti avete utilizzato per i costumi di questa serie?
Noi andiamo di pari passo con la messa in onda. Per cui se nella serie si celebra il Natale, faremo coincidere le puntate con le Festività in corso. Il Paradiso si svolge in autunno, inverno e primavera. Ora siamo arrivati al ‘64 a cavallo col ‘65 e i tessuti per il giorno sono i tweed, le lane, i bouclets. Per la sera invece shantung, sete, organza e raso.
Negli anni si è trovata a vestire le donne in varie epoche. Quindi il costume come specchio della condizione femminile nella storia.
Si certamente, per le Ragazze del “Paradiso delle Signore”, le “Veneri”, indossare la divisa del grande magazzino rappresentava un modo per emanciparsi e rendersi indipendenti economicamente nell’Italia del dopoguerra. Per cui non solo c’è stato uno studio approfondito sullo stile ma anche sulle condizioni della donna, sui movimenti femminili dell’epoca.

Come è l’atmosfera sul set?
E’ un’atmosfera meravigliosa. Sono tanti anni che siamo insieme e stiamo benissimo. Seconde me è stato scelto un gruppo vincente sia a livello di tecnici che di attori. Sono tutti amici anche al di fuori del lavoro, per cui come entrano “i nuovi, si riescono ad acclimatare immediatamente e ad iniziare una amicizia incredibile. E’ un posto dove non ci sono invidie, gelosie, cattiverie. Sono state messe insieme delle persone che fanno questo lavoro con grande amore. E questa cosa passa dal video, questo è il segreto della serie e del suo grande successo, sia nella versione serale che day. La mattina si viene sul set col sorriso, per oltre 10 ore ininterrottamente e si sta davvero bene è un vero Paradiso…
Com’è il suo laboratorio? Somiglia a quello del Paradiso?
Abbiamo una sartoria all’interno della struttura del Paradiso, dove creo abiti nuovi sia per gli uomini che per le donne e in effetti si, c’è proprio l’atmosfera di allora! Anche gli accessori vengono fatti nel nostro laboratorio: dal cappellino alla borsetta, magari modificando modelli che già abbiamo. Si, facciamo tutto qui, in casa. Ci divertiamo tantissimo.
C’è stata un’evoluzione nel mestiere di costumista?
Nel nostro caso si tratta di un prodotto particolare, ma in generale nel tempo le cose sono cambiate. C’è meno preparazione è tutto molto veloce, di pari passo con i tempi che stiamo vivendo. Una volta i costumisti avevano un anno o due a disposizione per la preparazione di lavori in epoca, ora tutto è cambiato, a parte i grandi progetti dove c’è più budget e quindi più spazio per la preparazione. Perché tutto parte dallo studio, se c’è un buono studio riesci anche a dare un buon prodotto sennò diventa tutto un po’ fatto all’acqua di rose, superficiale perché non c’è il tempo. Nel mio caso non è cosi e io faccio molta attenzione ai colori che uso sia quando vesto l’attore, sia quando costruisco la scena, cerco sempre di lavorare come se ogni scena fosse un quadro. Per un lavoro di 160 puntate a stagione, noi abbiamo sì, un buon magazzino ma non sarebbe sufficiente a coprire tutti gli episodi, per cui giocare sui colori è fondamentale per non dare sempre la stessa immagine ai telespettatori.


Il vostro è un mondo fatto di emozioni, di ricordi, suggestioni, colori. C’è uno spettacolo al quale è più legata?
Sono molto legata al mio primo lavoro che è iniziato come assistente costumi nell’opera lirica, ero molto giovane e ho amato tanto “La Traviata”. Poi sono passata al Cinema e fra i tanti mi piace ricordare il film “La meglio Gioventù” di Marco Tullio Giordana, dove ho lavorato come assistente e infine il “Paradiso delle signore“ che per me è come un figlio, è proprio un grande amore.
Quindi gli anni ‘50 e ‘60 sono gli anni del trionfo della femminilità, oggi è tutto cambiato…
Oggi non si bada più a niente. Se lei pensa alle scarpe, con le attrici faccio fatica perché siamo abituati a delle scarpe comode, da ginnastica no? Per cui rimettere ai piedi una scarpetta sottile e con la punta è chiaro che è molto difficile. Ci si prova. L’accessorio era fondamentale sia per le donne che per gli uomini, le donne non uscivano mai senza guanti, cappello, borsetta, tutto coordinato, in tinta.
Che poi questa moda così chic era trasversale…
Sì, era estesa a tutte le classi sociali perché comunque anche la signora che stava in campagna quando usciva, usciva carina, col maglioncino girocollo, un filo di perle. Era elegante anche se apparteneva a uno stato sociale che era diverso dalla signora super borghese. E comunque alcune signore anziane che io conosco sono rimaste cosi chicchettose, non escono mai senza rossetto o le unghie colorate…

Mail: giuliachiodini@womenlife.it