IL 25 DICEMBRE È NATALE?

di Alessandro Servoli


Nel marasma di questi tempi bui, di guerre, di morti, di fame e povertà, ci sono realtà economiche politico-culturali che, nella presunzione di onnipotenza, risultano tanto fuori quanto inopportune all’immagine comune, tanto da mettere in dubbio la vera ragione di esistere.

Parlo dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze (molto americano e poco europeo) che farnetica con l’idea di cambiare nome al Natale ribattezzandolo Festa d’Inverno.

Da oltre un decennio la “cancel culture” tanto cara nel linguaggio universitario americano ed europeo, tenta con il politicamente corretto ed inclusivo, di depennare secoli di storia tutta italiana ed in gran parte europea. La cosa che lascia ancora più esterrefatti è che a produrre queste regole sia la realtà politica e culturale più fallimentare nel senso del rispetto e dell’inclusione sociale: l’America. Non c’è paese più esclusivo e frammentario dal punto di vista sociale degli Stati Uniti, tanto da ritrovarsi con infinite etnie e frammentazioni religiose auto referenziate. Proporre quindi certi percorsi è l’ennesima riprova del loro fallimentare tentativo di dettare le regole a casa di altri.

Apro e chiudo questa parentesi per tornare al significato intrinseco di questa festa che, nei miei ormai lunghi anni di vita vissuta, ho già visto evolversi da festa strettamente religiosa con la nascita del Bambino Gesù e l’arrivo dei doni accanto ad un Presepe, a festa di Babbo Natale con alberi stracolmi di luci e di doni tanto più significativi quanto più preziosi.

Arrivo ai giorni nostri e cioè al Natale consumistico gestito dal sistema finanziario che lo ha trasformato in un prodotto industriale tanto lontano dal suo linguaggio originario da poterlo trasmettere in egual forma a tutte le culture del globo terracqueo. Quest’ultima trasformazione giustifica i comportamenti dell’Istituto Universitario Europeo? Credo che la risposta la si debba trovare dentro ciascuno di noi, nella carica interiore che pervade il nostro io costruito sul nostro bagaglio culturale ed umano; nel gestire anche solo la radice profonda della nostra cristianità per mantenere a questo evento il vero valore di una società più umana, più rispettosa dell’altro, più inclusiva, più natalizia.


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