I CONTI CON LA STORIA

di Alessandro Servoli


“La Storia è una monotona ripetizione”

Da I Vicerè di Federico De Roberto

Ho visto, di recente, il film I Vicerè e sono rientrato nel periodo storico che ha segnato l’inizio dello Stato Italia; questo mi ha spinto a consultare il romanzo di Federico De Roberto e Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa scritto settant’anni dopo.

Ambedue ripercorrono lo stesso momento storico: l’arrivo in Sicilia delle truppe Garibaldine Sabaude e, di seguito, l’unità d’Italia. Quale sia il motivo di tanto interesse che mi ha spinto in questi giorni a scavare così lontano è presto detto: la ripetitività e la consequenzialità degli eventi che segnano la vita della nostra Nazione dove, per ovvi motivi, cambiano i personaggi ed il loro contesto, ma restano immutate le modalità degli accadimenti ed i risultati finali.

Mi piace, a questo punto, condividere con il lettore di questo mio scritto, alcune citazioni storiche tratte dalle due opere.

Da I Vicerè:

Ammessa pure la possibilità di abolire con un tratto di penna tutte le diseguaglianze sociali, esse non si sarebbero di nuovo formate il domani, essendo gli uomini naturalmente diversi, e il furbo, dovendo sempre, in ogni tempo, sotto qualunque regime, mettere in mezzo il semplice, e l’audace prevenire il timido, e il forte soggiogare il debole!”

“La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi.”

“l’Italia è fatta, ora facciamo gli affari nostri.”

“Né credeva alla sincerità della fede altrui. Monarchia o repubblica, religione o ateismo, tutto era per lui questione di tornaconto materiale o morale, immediato o avvenire… Non c’era dunque nient’altro fuorché l’interesse individuale; per soddisfare il suo amor proprio egli era disposto a giocarsi tutto.”

“Noi non scegliamo il tempo nel quale veniamo al mondo; lo troviamo com’è e com’è dobbiamo accettarlo.”

“Del resto, se è vero che oggi non si sta molto bene, forse che prima si stava d’incanto?”

“Dalla Sicilia feudale a quella parlamentare il cambiamento è solo nella forma:” 

Da Il Gattopardo:

“La mia è un’infelice generazione, a cavallo tra due mondi e a disagio in tutti e due. E per di più, io sono completamente senza illusioni.”

Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene. E tutti quanti, gattopardi, leoni sciacalli, iene o pecore, continueremo a crederci il sale della terra.”

“Sono almeno venticinque secoli che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche ed eterogenee civiltà. Tutte venute da fuori, nessuna fatta da noi, nessuna che sia germogliata qui.”

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”

Se dopo le citazioni estrapolate dai due romanzi ci si ferma, com’è successo al sottoscritto, a derubricare gli eventi del Novecento Italiano fino ai giorni nostri, credo che ogni periodo dell’Italia monarchica e poi repubblicana, abbia avuto profondi cambiamenti politici, guerre, lotte intestine ed infine un lungo periodo di “normalità”. Credo anche che, nel travagliato alternarsi del pensiero politico, pur nel rispetto del valore democratico, il susseguirsi di queste vicende non abbia veramente e profondamente cambiato l’uomo italiano. Se per un attimo cancelliamo mentalmente i nostri vestiti, la tecnologia moderna che ci circonda, se, insomma, per un attimo, ci spogliamo di tutto quello che fa parte del nostro quotidiano, ci sentiamo molto diversi dall’italiano siciliano di fine Ottocento? Io personalmente mi ritrovo alla mia età, con gli stessi interrogativi, con la stessa consequenzialità degli eventi, con la stessa delusione che certe azioni nelle quali ho creduto e per le quali ho lavorato e lottato e che oggi trovo, purtroppo, irrimediabilmente fallite.

A questa nemesi storica che non mi abbandona, vorrei, ogni giorno quando apro un quotidiano, trovare uno spiraglio di speranza da trasmettere alle nuove generazioni. Mi ritrovo, invece, a leggere lo “stupidario del rinfaccio” di una politica verso la parte opposta, sempre consolidata dalla memoria di parte, fatta di limpide azioni, rispetto alle oscenità della parte avversa. Il tutto perché mancando la progettualità, la forza delle idee e la volontà di risolvere le molteplici problematiche che affliggono la Nazione, ci si rifugia nel passato fino a farlo diventare presente, fino a farlo diventare una coperta di cenere sull’oggi.

A conclusione di tutto ciò, torna il detto dei Romani “panem et circenses”, si dà al popolo impreparato un derby calcistico o un finale milionario della canzone italiana. Questa purtroppo, a mio avviso, è la storia di un giorno, è la monotona ripetizione di tutti i giorni che ci vede, da sempre, attori senza tempo, protagonisti del nulla.


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