CHE LE FESTE COMINCINO!

di Giuliana Duchini
Ora che il Natale, con tutto il seguito di festeggiamenti che si porta dietro, si sta avvicinando, qual è il vino più adatto per accompagnare un brindisi? Sicuramente uno spumante che, con la sua effervescenza, le sue bollicine e il “botto” che (mi raccomando, soffocato!) provoca quando viene stappato, segna un prima e un dopo, è un marcatore temporale di un momento di attesa, è un rumore magico che predispone al meglio che sia un aperitivo tra amici, una festa in famiglia, una celebrazione importante.
Per questo è inevitabile avere una buona scorta di queste prodigiose bottiglie. Ma quali? Innanzitutto è bene conoscere la fondamentale differenza che c’è tra le varie tipologie di spumante.
Sono tanti i modi di vinificare un vino e renderlo pétillant, sparkle o frizzante, ma due sono i principali metodi che vengono impiegati e che proprio per la loro lavorazione creano una differenza sostanziale di prezzo e di sapore tra le due categorie: il metodo Champenois che è quello con cui si realizza in Francia lo Champagne e in Italia il Franciacorta, il Trento Doc, l’Oltrepò Pavese per citarne alcuni, e il metodo Martinotti o Charmat che è quello da cui nasce il Prosecco e tutti gli altri spumanti.
Tutto nasce alla fine del 1600 nell’abbazia di Hautvillers in Borgogna dove un monaco cistercense Dom Pierre Pérignon incaricato di rendere il vino molto effervescente si adoperò in cantina e dopo vari tentativi sviluppò il metodo che ha portato alla creazione dello champagne, ovvero un vino che rifermenta in bottiglia, imprigionando l’anidride carbonica che si trasforma nelle incantevoli bollicine.
“Venite presto, fratelli, sto bevendo le stelle!” Si narra, che con questa frase, abbia chiamato tutti i monaci ad assaggiare il risultato dei suoi sforzi! E anche se da quel brindisi sono passati secoli è una frase che rende perfettamente la sensazione che si prova bevendo un calice di spumante.
La prima cosa che colpisce è la morbidezza della spuma, la sua evanescenza e un orecchio attento può percepire anche il suo “scricchiolio”, in secondo luogo siamo affascinati dalla lunga scia di bollicine che dal fondo del bicchiere si fa strada verso l’alto e come non pensare alla coda magica di una cometa! Infine il sorso fresco, stuzzicante, piacevole, che inonda la bocca di tante sensazioni.
Sono molte le fasi di lavorazione di un vino prodotto con questo metodo, tutte caratterizzate da termini immancabilmente francesi (diamo a Cesare quel che è di Cesare!), che segnano i lunghi passaggi e il paziente lavoro che c’è dietro ogni bottiglia.
Si arriva poi alla fine del 1800 quando il Prof. Federico Martinotti, direttore dell’Istituto Sperimentale di Enologia di Asti, crea un modo più semplice per produrre uno spumante, facendo rifermentare il vino invece che in bottiglia nelle autoclavi, ma ahimè fu però il francese Eugène Charmat che qualche decennio dopo, nel 1910 lo brevettò dando il suo nome al metodo che ancora oggi viene usato per realizzare prevalentemente il Prosecco, ma anche una vasta molteplicità di spumanti. I due procedimenti così differenti danno chiaramente prodotti diversi, ma adatti a soddisfare una gamma infinita di gusti.
Molto dipende dalla tipologia di uve che vengono utilizzate: generalmente per il metodo classico o champenois si usa quasi sempre lo Chardonnay, il Pinot Bianco, il Pinot Nero, perché ciò che ricerchiamo nell’assaggio è quel sentore tipico di “crosta di pane, brioche, miele, biscotti appena sfornati”, mentre con il metodo Martinotti – Charmat i produttori possono dare ampia libertà a tutta la loro fantasia, vinificando tipologie diverse di uva per estrarre da ogni vitigno, di cui è ricca l’Italia, i profumi e i sapori varietali unici in grado di soddisfare qualsiasi palato.
Avremo sempre delle ottime bollicine ma con un pérlage un po’ più grossolano rispetto a quello dello champagne, una spuma in superficie meno burrosa ma sicuramente un olfatto e un gusto irripetibili!
Altra fondamentale differenza in tutta questa grande famiglia di spumanti è il dosaggio di zucchero che darà origine ad una serie di denominazioni che vanno dal pas dosé (ovvero nessuna aggiunta) al doux, passando per extra brut, brut, extra dry, dry, demi sec. Questi ultimi perfetti con il Panettone! Mai un brut!
Vicino a Roma nella zona di Zagarolo, nei terreni che una volta erano le pendici del grande vulcano laziale, terreni ricchi di argilla e silicio, minerali indispensabili per dare una giusta acidità alle uve, c’è un “vigneron”, come direbbero i francesi, che produce in maniera del tutto artigianale un ottimo Spumante Tufaio Metodo Classico pas dosé a base di Pinot Bianco, con un lavoro esclusivamente manuale, che riposa per 36 mesi sui lieviti in grotte di tufo a circa 20 metri sotto terra.


Queste affascinanti grotte sono state scavate nel 1881 da 20 operai che hanno lavorato per tre mesi creando nicchie e corridoi dove la giusta umidità ed una temperatura costante intorno al 12/14° rendono questo ambiente perfetto per la maturazione del vino che può godere di un lento ed elegante affinamento, prima in orizzontale nei cestoni per la fase di presa di spuma, e poi su pupitre dove avviene il rémuage manuale ed infine ricevere una sboccatura à la volée, molto più esaltante rispetto a quella industriale che consiste nel ghiacciare collo e tappo della bottiglia!
È veramente un’esperienza unica calarsi per la ripida scala che ricorda l’accesso ai siti archeologici egizi, percepire il rapido abbassarsi della temperatura e riconoscere il profumo caratteristico del vino. Attraversando i cunicoli si scoprono nicchie dove riposano le bottiglie e si possono vedere tutte le lunghe, elaborate, fasi di questo antico metodo come se fossimo nella cantina del simpatico Dom Pierre Pérignon, solo che qui siamo a pochi passi da Roma!
Cantina del Tufaio – Via Cancellata di Mezzo,30 – Zagarolo 328 3139537 info@cantinadeltufaio.it



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