70 ANNI DI STORIA DELLA RAI: VI PARLA RUGGERO ORLANDO
di Antonella Reda e Susanna Rotunno
Sono passati trent’anni dalla morte di Ruggero Orlando, avvenuta a Roma nel 1994, quando aveva 87 anni. Primo corrispondente da New York, resta anche per questo uno dei personaggi che contribuiscono a celebrare i 70 anni della storia della Rai.
Un saluto che diventa uno stile e la cifra di un personaggio, figura indimenticabile nella storia del giornalismo, non solo italiano. Classe 1907 siciliano di origine, Ruggero Orlando nasce il 5 luglio a Verona. Vive a Roma dove si laurea in matematica ma la sua formazione, ricca e anarchica, lo porta presto alla carriera giornalistica. Tra gli ambienti della cultura romana frequenta i meno ortodossi da Ungaretti al Teatro degli Indipendenti, Bontempelli, Petrolini . Alla fine degli anni ‘30, entrato nel movimento clandestino antifascista, scappa a Londra, lavora per la BBC e nel ‘38 è già corrispondente . Si iscrive poi al Partito Socialista italiano e collabora per l’Avanti, il Messaggero, la Gazzetta del Popolo. Allo scoppio della guerra è naturale il passaggio a Radio Italia, la celebre “Radio Londra” vietata ma che sentono tutti. Terminata la guerra lavora alla EIAR, Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, e dal 1954 al 1970 è primo corrispondente per la RAI, da New York.
UN INVIATO MOLTO SPECIALE
«Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando» si ostina a dire un po’ per snobismo un po’ per estremismo filologico, un vezzo distintivo che apre ogni sua corrispondenza oltreoceano. Un aspetto spigoloso, un po’ roca la voce, saluta dallo studio di Manhattan, da un ufficetto dove passano tutti. Se non ci vanno loro esce lui e ci mostra cultura, teatri, musei. E’ un incredibile raccoglitore di stimoli coltissimo e popolare, sa parlare a tutti e da tutto prende. Racconta l’America agli italiani e ci fa scoprire che il peso del loro voto conta molto nello Stato di New York, fortemente sbilanciato fra democratici e repubblicani. Il consenso etnico, con una comunità di oltre un milione di persone, può decidere così delle fortune di una intera Nazione.
Sfilano paralleli eventi di grande importanza, come la morte di John Kennedy, nel 1963. I commenti sono forti, idiomatici , con esempi fantasiosi, efficaci le sue parole: “Accanto al dolore nascono molte complicazioni in questa tragedia che somiglia non tanto a una tragedia greca quanto a quelle cui il cinema americano ci ha abituato, i film western che vengono dal Texas, lo stesso che ha dato la morte a un presidente e dove il presunto assassino Oswald è diventato un cadavere portato nella stessa clinica dove Kennedy era morto, sconvolgendo la storia contemporanea di un mondo che si ritiene civile” E ancora sua è una delle voci che racconta lo sbarco sulla luna di Neil Armstrong. E’ una diretta leggendaria quella del 20 luglio 1969, che ha fatto la storia dell’Uomo , della Luna e della Televisione italiana. Collegati uno da una parte e uno dall’altra dell’Oceano, Tito Stagno e Ruggero Orlando commentano le stesse immagini che provengono da Houston, quando Stagno con voce concitata: “Ha toccato !!! “ e Orlando “Ma no, non ha toccato .. qui ci mancano ancora 10 metri “… “Ma si ha toccato” incalza Stagno. E così via per qualche minuto. Mentre l’uomo scende sulla Luna va in onda l’equivoco più famoso della TV . Pochi secondi di differenza che probabilmente, servivano per dare agli astronauti, muniti di cavi di acciaio che prolungavano le loro gambe, il tempo per verificare che tutto fosse apposto.
L’ETICA DI UN LINGUAGGIO UNICO
Il suo ingresso in video bucava letteralmente lo schermo ma era soprattutto il suo modo di dare la notizia come la sua posa e i suoi gesti, ad essere unico, lontano mille miglia da quel politichese stretto, burocratico del Tg dell’epoca. Un giornalismo di origini anglosassoni: la notizia deve venire prima di tutto e per Ruggero Orlando questo era legge. Non solo, la notizia era sempre rigorosa e verificata, portata con un linguaggio comprensibile e naturale. Il figlio Raffaello, musicista e accademico, ricorda: “Una volta a colazione, ci parlò della guerra in Vietnam, quando era presidente Johnson, in modo colloquiale e semplice. Poi andò a New York alla Rai: spiegò la vicenda nello stesso modo.” Era il suo metodo di lavoro: fin dal liceo classico non scriveva mai la brutta copia. Faceva una sola stesura. E alla televisione e alla radio parlava a braccio, senza prendere appunti. “Ci diceva sempre che lui raccontava i fatti, anche i più complessi, mentre le persone stavano preparando la cena. Quindi doveva semplificare al massimo, essere chiaro e sintetico. In modo che tutti potessero capire”. Un moderno narratore che precorre i tempi della migliore tv popolare
ADDIO ALLA RAI
Il rapporto di Ruggero Orlando con la Rai è statobuono per molti anni, fino a diventare nel tempo un po’ burrascoso. Nel 1962 i vertici dell’Azienda, poiché c’era in Italia un tentativo di distensione tra Dc e comunisti, gli chiesero di raccontare che stava avvenendo un disgelo anche tra Usa e Urss. Ma lui rispose: “Quando ci sarà, lo racconterò”. È un fatto che per tutto il corso della sua lunga carriera fortunata, Orlando ha saputo conservare una doppia libertà, o forse bisognerebbe dire un doppio agio: l’agio della sua insofferenza alle imposizioni e l’agio di una preparazione culturale diversa da quella ordinaria di un normale cronista. Nel 1972 si dimette dalla Rai e viene eletto deputato per il Partito Socialista ma non si ricandiderà nel ‘76. Tornato al vecchio mestiere, la Rai “non lo vuole” nonostante gli appelli di decine di intellettuali, nonostante Andrea Barbato lo chiami al suo Tg2, un rifiuto dovuto forse anche alla sua posizione contraria alla lottizzazione politica dei canali e al monopolio di Stato. Collabora poi per molti giornali e tv locali, forte della sua fama e delle uniche monete che un giornalista può davvero spendere: credibilità e rigore.
RUGGERO PER SEMPRE
La sua erre moscia e i suoi scomposti ed esagerati gesti si incarnano nella mimica esilarante negli indimenticabili sketch di Alighiero Noschese, trasformista eccezionale, tanto da confondere il “vero dal falso”. La rubrica: “Alighiero Noschese è Ruggero Orlando “ è l’occasione per far sfilare gli innumerevoli personaggi intervistati dal giornalista e dove i suoi tipici commenti segnavano la cifra dell’intervistatore oltre che dell’ intervistato. Resta così storico il duetto Alighiero – Ruggero con Nixon, Mao Tse Tung e la loro memorabile partita a ping pong, fino a vedere un esausto Ruggero Orlando che dimenandosi, si libera della giacca alla fine del “collegamento”. Amato da tutti non solo nel mondo del giornalismo, il suo amico Renzo Arbore lo vuole tra i protagonisti del film-esordio “Il Papocchio” dove Orlando interpreta se stesso. Tanti gli intellettuali che hanno apprezzato l’uomo e il professionista . Ruggero era eccezionale un maestro irraggiungibile … “Era talmente diverso da quello che era un corrispondente dall’estero classico, che si poteva imparare da lui delle cose ma non il suo stile e la sua maniera di essere. Non preparava mai nulla, arrivava all’ultimo momento, di corsa perché faceva 40 mila cose.. e faceva il servizio subito e questo servizio filava, era corretto e logico”. Queste parole di Jas Gavronsky sono un ritratto perfetto e rappresentano un monito in un momento di grande confusione mediatica, una strada da seguire oltre il ricordo.
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